La Consulta approverà il legittimo impedimento?
Il ministro Alfano si è detto fiducioso sulla sentenza del prossimo 14 dicembre, il Corriere spiega perché
Il prossimo 14 dicembre la Corte Costituzionale dovrà giudicare la compatibilità con la Carta della legge sul legittimo impedimento, entrata in vigore il 10 marzo: la norma ha un carattere temporaneo (18 mesi, il tempo di approvare una legge costituzionale) e prevede che il presidente del Consiglio dei ministri possa invocare il legittimo impedimento a comparire in un’udienza penale, qualora imputato, in caso di concomitante esercizio di una o più delle funzioni e delle attività comportate dal proprio incarico. La stessa cosa vale per i ministri.
I diciotto mesi sono ancora in corso ma il lodo Alfano costituzionale è ancora poco più che un’ipotesi e il verdetto della Corte è vicino: Berlusconi potrebbe essere presto privato dello scudo che lo protegge dai processi. I giudici del tribunale di Milano hanno sollevato un’eccezione di incostituzionalità formulata nel corso del processo sul caso David Mills, e sostengono che il legittimo impedimento sia in contrasto con il terzo articolo della Costituzione, che prevede l’uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini, e con l’articolo 138 che stabilisce le regole per l’approvazione delle leggi costituzionali. Gli stessi articoli che portarono la Corte, il 7 ottobre 2009, a bocciare la prima versione del lodo Alfano.
Con l’avvicinarsi della data della sentenza, però, emerge qualche ottimismo nelle file del governo, corroborato dagli argomenti di alcuni giuristi. Lo scrive oggi il Corriere della Sera, spiegando perché solo pochi giorni fa il ministro della giustizia Angelino Alfano si era detto “fiducioso”.
Il costituzionalista Michele Ainis condivide questa «fiducia» nel senso che la «Corte potrebbe salvare la legge interpretandola in modo conforme alla Costituzione, visto che essa non parla di impedimento assoluto del premier e dei ministri a presentarsi in tribunale, ma di impedimento legittimo in un determinato momento per concomitanti impegni istituzionali». «Una lettura — continua Ainis — che sembra essere stata data dallo stesso Quirinale nel famoso comunicato sul caso del ministro Brancher».
Contrariamente a quanto sostengono i giudici di Milano, secondo Ainis non si può invocare la violazione dell’articolo 3, quello sull’eguaglianza dei cittadini. E questo perché vari articoli della Costituzione – il 68 e il 90, per esempio – postulano il trattamento differenziato davanti alla giustizia dei parlamentari e dello stesso presidente della Repubblica. Lorenza Violini, professore ordinario alla Statale di Milano, conferma che secondo lei «l’articolo 3 tutela l’uguaglianza dei cittadini in relazione ai loro diritti fondamentali e non riguarda le figure istituzionali quali il premier».
C’è poi un altro passaggio che il governo potrebbe tentare per disinnescare il verdetto della Corte. Per prassi, infatti, la Corte rinvia l’esame di una legge sottoposta al suo giudizio se questa viene nel frattempo modificate anche da solo un ramo del Parlamento: per questo alcuni parlamentari della maggioranza si starebbero muovendo per cambiare la legge da qui alla fine dell’anno. Infine, c’è la composizione della Corte, che non sarà quella che lo scorso 7 ottobre ha dichiarato incostituzionale il lodo Alfano.
Un fatto comunque è certo: il 14 dicembre il collegio che dovrà giudicare il legittimo impedimento (relatore Cassese) sarà in parte diverso da quello del 7 ottobre del 2009. La Cassazione voterà entro i primi dieci giorni di dicembre il sostituto di Amirante, il cui mandato scade il giorno di Sant’Ambrogio. E forse non a caso il presidente uscente ha voluto fissare la causa proprio quando lui non sarà più alla Consulta dopo le polemiche con Berlusconi sul Lodo Alfano. Il 14 dicembre, quindi, ci sarà anche un nuovo presidente della Corte, il cui voto «vale doppio» in caso di parità tra i giudici pro e quelli contro.