Perché scioperano i calciatori
Scontro tra giocatori e società, la quinta giornata di serie A potrebbe saltare
L’Associazione italiana calciatori – che è, per l’appunto, il sindacato dei calciatori – ha proclamato una giornata di sciopero per protestare contro la posizione della Lega di A sul rinnovo del contratto collettivo. Lo sciopero è stato proclamato per la quinta giornata di serie A, prevista per 25 e il 26 settembre (la giornata che vedeva in programma Roma-Inter, tra l’altro). La decisione è stata annunciata da Massimo Oddo, terzino del Milan e rappresentante dei calciatori delle squadre di serie A. La Gazzetta dello Sport lo racconta così:
“La Aic in perfetta sintonia con le squadre di serie A, ha deciso che queste non scenderanno in campo nella quinta giornata di campionato di serie A del 25 e 26 settembre contro la richiesta di introduzione di un nuovo regime contrattuale” da parte della Lega di serie A che, secondo l’Aic, comporterebbe “la carenza più assoluta di ogni forma di tutela” dei calciatori. “Lo sciopero ci sarà sicuramente al di là delle decisioni che potranno essere prese nella riunione di lunedì perché questa protesta va al di là della proroga dell’accordo collettivo ma riguarda lo status di oggetto di noi calciatori. Lo sciopero si protrarrà se non verranno presi accordi consoni”. Il giocatore del MIlan ha poi ribadito che i calciatori “sono stufi di essere trattati come oggetti e non come persone. Qua si tratta di diritti umani – ha spiegato -, come quando ci negano di non poter svolgere attività parallele, non contestuali, o di tutela sanitaria, e di diritti di lavoro”. Il difensore ha infine spiagato che “la decisione parte da lontano, laddove non ci sono state risposte ai nostri tentativi di confronto con la Lega di serie A”.
La questione riguarda il contratto nazionale dei calciatori di serie A e non ha a che fare direttamente con gli stipendi, che sono determinati dalla società e diventeranno presto più flessibili, oscillanti secondo introiti e risultati.
La cosa più significativa è la norma che permette alle società di vendere un calciatore in scadenza di contratto a un’altra società senza il consenso dello stesso calciatore, pena la rescissione immediata del contratto, se lo stipendio della squadra offerente è uguale o superiore a quello che percepisce nella squadra in cui milita. Esempio pratico: Tizio gioca nel Milan e il suo contratto scade alla fine dell’anno. La società ha ogni interesse a venderlo, visto che alla scadenza del contratto sarà libero di accordarsi con qualsiasi squadra senza che il Milan riceva un euro. Il giocatore ha interesse ad aspettare la scadenza del contratto, perché così potra chiedere uno stipendio più alto alla sua futura squadra, che non dovrà spendere soldi per acquistarlo. Le società chiedono che in questi casi i calciatori siano obbligati ad accettare il trasferimento a un’altra squadra, se questa offre loro condizioni economiche uguali o superiori. Fulvio Bianchi su Repubblica racconta come si è arrivati a questo punto.
Il motivo scatenante è stato il caso Grosso: il giocatore della Juve ha rifiutato il trasferimento al Milan, dove avrebbe giocato in Champions League (e Kaladze sarebbe andato in bianconero). Anche Baptista della Roma ha rifiutato tantissimi trasferimenti e si allena adesso a parte. I club non ci vogliono più stare: forti di una norma Fifa sostengono che i calciatori, quando manca un anno alla fine del contratto, debbono accettare il trasferimento ad un altro club o, in alternativa, deve essere prevista la risoluzione del contratto con il pagamento del 50 per cento dell’emolumento fino al termine del contratto. Il sindacato non ci sta.
Un aspetto minore è la questione dei medici: l’accordo scaduto lo scorso giugno permetteva a ogni calciatore di scegliere da quale medico farsi curare, e condividere le spese col proprio club. Il nuovo accordo prevede che sia la squadra a scegliere il medico per il giocatore, che se invece deciderà altrimenti dovrà pagarsi le spese da sé. Poi ci sono le richieste di maggiore coinvolgimento e ascolto nelle decisioni della Lega, dalla costruzione dei calendari alle misure per valorizzare i vivai.