Il PD ha già un accordo con Ferrero e Diliberto?
Da giorni si dà per fatto un accordo con Rifondazione e Comunisti Italiani, che avrebbero spazio nelle liste del PD
Qualche giorno fa abbiamo cercato di fare un po’ di luce sui progetti e le intenzioni del PD per il futuro suo e del Paese, orientandoci tra primo e secondo cerchio, alleanza democratica e Nuovo Ulivo. Abbiamo appreso quindi che Bersani pensa per il futuro a una coalizione – il Nuovo Ulivo, appunto – capace di mettere insieme un’alleanza di centrosinistra pronta ad assumersi l’onere di governare il paese in modo più efficace, ordinato e proficuo di quanto fatto dall’ultimo governo Prodi. Non è chiaro chi farà parte di quest’alleanza, e d’altra parte c’è tempo: i lavori però sono in corso e quindi da qualche giorno se ne discute, anche sulle pagine dei giornali.
I leader del PD tengono sempre molto a precisare che nessuno di loro ha intenzione di “rifare l’Unione”, cioè di rimettere in piedi un’alleanza sgangherata tra soggetti piccoli, litigiosi, assetati di visibilità e con poche idee in comune, ma in questi giorni i quotidiani hanno dato per fatto un accordo proprio con le formazioni politiche che di quella fase furono protagoniste. Così scriveva qualche giorno fa Fabio Martini sulla Stampa.
Venerdì 27 agosto poche ore dopo aver lanciato la proposta del “Nuovo Ulivo”, il leader del Pd Pier Luigi Bersani ha avuto due colloqui. Con Paolo Ferrero, leader della Rifondazione comunista e con Oliviero Diliberto, segretario del Pdci e ad entrambi ha spiegato come ha in mente di rimetterli in gioco: nel caso molto probabile in cui la legge elettorale non dovesse cambiare, il Pd è pronto a stringere una alleanza elettorale con i due partiti comunisti, che a loro volta però dichiareranno di non voler partecipare ad un (eventuale) governo di centrosinistra.
L’incontro c’è stato certamente: ci sono le fotografie di Diliberto, Ferrero e Salvi nella sede del PD e le dichiarazioni. Diliberto disse di apprezzare molto “lo sforzo di sintesi e di unità di Bersani, avendo creduto fortemente nell’Ulivo, che è stato il momento più alto di unità nel centrosinistra e di consenso da parte degli elettori” e che “l’unità è un grande valore, da essa scaturiscono proposte politiche ricche e partecipate, è il miglior antidoto contro la disaffezione dalla politica e la sua caduta di credibilità. Bene quindi il Nuovo Ulivo. Bersani ci lavori concretamente e da subito”. Paolo Ferrero commentò analogamente, sostenendo di “condividere la proposta di Bersani sul Nuovo Ulivo” e considerarla “un passaggio importantissimo”.
Nessun riferimento all’accordo, del quale i giornali scrivevano già e che nessuno smentiva. Oggi il Corriere della Sera scrive che “Bersani ha incaricato Maurizio Migliavacca di tessere i rapporti con i cespugli (Verdi, Socialisti, Prc e Comunisti Italiani) in vista delle prossime elezioni politiche, con lo scopo non di stringere un’alleanza elettorale, bensì di presentare direttamente nelle liste del PD un gruppo di esponenti di queste forze politiche”. Questo patto sarebbe già stato siglato proprio con Oliviero Diliberto e Paolo Ferrero, per i quali la possibilità di tornare in Parlamento sarebbe una specie di miracolo, una vincita al Superenalotto, una resurrezione. Ferrero e Diliberto voterebbero quindi Bersani alle primarie per il candidato premier – d’altra parte i loro rapporti con Vendola sono pessimi – e darebbero poi “l’appoggio esterno” a un eventuale governo di centrosinistra.
Stefano Menichini – direttore di Europa e collaboratore del Post – non si premura nemmeno di usare condizionali o formule cautelative, a testimoniare come l’accordo venga considerato fatto anche in ambienti molto vicini al PD.
Dunque il segretario del Pd ha stretto un accordo con i capi di ciò che rimane della diaspora neocomunista. Non Nichi Vendola, attenzione, bensì i suoi nemici giurati Ferrero e Diliberto. Proprio loro, proprio i responsabili dei due anni di Vietnam del governo Prodi. Lasciati da soli nel 2008 dal Pd di Veltroni a vedersela con l’elettorato, l’elettorato li ha giudicati e lasciati fuori dal parlamento. Ora il Pd li recupera. Non gli offre solo un’alleanza. Come fece con i radicali, offre loro posti nelle proprie liste (a Porcellum vigente, si intende), a patto che una volta tornati deputati i neocomunisti non avanzino pretese. Ferrero, riconoscente e felice, ha già fatto sapere che non chiederà nulla. Anzi, dal governo vuole rimanere fuori. «Appoggio esterno».
L’argomento (io l’ho ascoltato da Dario Franceschini) è che anche i voti della Federazione della sinistra sono indispensabili a battere la destra. È la stessa tesi per la quale Veltroni derogò dalla vocazione maggioritaria alleandosi con Di Pietro. Perse lo stesso, e regalò ai dipietristi ciò che da soli non avrebbero mai avuto: il quorum per il parlamento e far crescere un partito che, da subito, come prima e fin qui unica ragion d’essere ha avuto quella di insidiare il Pd.
Così il Pd resuscita i non-riformisti che potranno tornare a insidiarlo domani. Lo fa a dispetto di Vendola (che quell’area vorrebbe fagocitare, senza fare accordi, nella sua scalata alla leadership del centrosinistra) e forse per indebolirne le chances nelle primarie.
Secondo il Corriere della Sera lo stesso Veltroni avrebbe chiesto urgentemente una riunione degli “organismi collegiali di partito”, a cominciare dalla Direzione Nazionale, per avere dei chiarimenti e definire insieme la linea (update delle 12.22: la Direzione è stata convocata per il 23 settembre, non si sa se era prevista da tempo o se arriva in seguito a queste richieste).
Quel che più allarma l’ex leader del Pd è che non vi sia stata neanche la solita smentita di rito: segno che si è veramente molto avanti nel progetto del Nuovo Ulivo, che altro non sarebbe se non un Partito democratico allargato ai cespugli. Con Vendola invece una simile operazione è più difficile. Basta sentire quel che dice il governatore della Puglia: «Ferrero, Diliberto e Nencini hanno bisogno dell’ombrello protettivo del Pd, noi no».
Soltanto questa mattina Filippo Penati, coordinatore della segreteria di Bersani, ha smentito l’esistenza dell’accordo.
“Smentisco categoricamente le notizie su un presunto accordo tra Bersani, Ferrero e Diliberto. Stupisce che possano trovare credito veline infondate costruite ad arte e fatte circolare con sapienza per suscitare zizzania e manipolare il dibattito interno del Pd. Trovo paradossale che si chieda la convocazione degli organismi dirigenti del partito sulla base di informazioni di questo tipo”.