Il giorno di Cevenini

Nessuno si fa avanti, e "mister matrimoni" rischia di diventare davvero il candidato sindaco della sinistra a Bologna

BOLOGNA - LA BEFANA CARLA STOLFI IN COMUNE SALA ROSSA PER LA CELEBRAZIONE DI UN MATRIMONIO CON MAURIZIO CEVENINI
BOLOGNA - LA BEFANA CARLA STOLFI IN COMUNE SALA ROSSA PER LA CELEBRAZIONE DI UN MATRIMONIO CON MAURIZIO CEVENINI

“Maurizio Cevenini ha 56 anni ed è eletto nelle amministrazioni locali da trenta. Oggi è consigliere regionale (eletto con ventimila preferenze), ma è noto in città come “sindaco dello stadio” per il suo assiduo e appassionato sostegno alle sorti della squadra del Bologna, e come “sindaco dei matrimoni”, per l’impressionante attività di celebratore di nozze (137 solo nel mese di maggio, e va avanti con questi ritmi dal 2006). In entrambi gli ambiti si è guadagnato un consenso e un bacino elettorale estesissimo e che va ben oltre i confini dell’elettorato del PD: per questa ragione la sua spendibilità come sindaco non sfugge a nessuno dotato di senso pratico, anche se si dice che lui abbia maggiori ambizioni nel consiglio regionale”.

Così a giugno il Post iniziava a raccontare ai suoi lettori chi sia Maurizio Cevenini, che sembrava trovarsi senza colpo ferire nel lotto dei potenziali candidati a sindaco della sinistra bolognese, mentre altri nomi si facevano avanti. Da allora, è successo qualcosa e Cevenini è diventato di fatto il candidato del PD: o meglio, non è successo niente, e Cevenini è diventato di fatto il candidato del PD. E oggi, mentre in altre grandi città si definiscono le scelte per le primarie a sinistra, a Bologna l’ipotesi Cevenini si avvia a ufficializzarsi, scrivono Corriere e Repubblica.

Il Corriere della Sera ha mandato a Bologna Marco Imarisio, uno dei migliori raccontatori della cronaca italiana, che si è messo alle spalle di Maurizio Cevenini alla vigilia del suo intervento di oggi alla Festa dell’Unità locale (a Bologna si chiama ancora così). Dopo i rituali matrimoni domenicali (sei, ieri: ed è da non perdere la sezione “matrimoni” del ruspante sito personale di Cevenini), il potenziale candidato la mette anche lui alla Chiamparino, scendendo in campo ma facendo finta di passare di lì per caso.

«Andrò a braccio. Dirò che per uscire da questo periodo nero della città c’è bisogno di tutti. E io ci sono».

«Che sono stanco della negatività incombente su questa città. Basta piangersi addosso. Ci sono risorse importanti, qui. Usiamole. Apriamo alla società civile. Superiamo lo schema della piccola politica che si scontra, discutiamo di contenuti. Dall’alto della mia conclamata inesperienza, credo di poterlo fare anch’io…»

Imarisio racconta la sua storia.

Classe 1956, figlio del barbiere del quartiere San Mamolo, moglie, una figlia, ex presidente del Consiglio comunale. Conosciuto come «sindaco dello stadio», attuale primatista italiano di matrimoni civili, ne ha celebrati 4.300. Noto anche come «Mister preferenze » , alle ultime Regionali 19.000 voti portati a un Pd terremotato dalle gesta economico-sentimentali di Flavio Delbono. Su Facebook vanta legioni di sostenitori, tra questi anche glorie locali come Gianni Morandi, Beppe Signori, Andrea Mingardi. Il candidato a sindaco che vogliono tutti, compresi molti che non militano dalla sua parte. Persino monsignor Ernesto Vecchi, vescovo ausiliare, si è sbilanciato, disegnando al Corriere di Bologna un profilo di candidato che sembra fatto su misura per lui.
(…) Cevenini lo trovi ovunque. Ha costruito la sua popolarità fuori dal partito, ma non è sbarcato da Marte, il paradosso è questo. A 15 anni aveva in tasca la tessera della Fgci. Fedele alla linea, come si diceva un tempo. A casa conserva come una reliquia il bicchiere che usò per brindare con Enrico Berlinguer, era il 1974.

Ma Cevenini, sindaco di popolo in una città tuttora convinta di essere intellettuale, colta, accademica (e massone), non convince alcuni di questi ambiti di potere tradizionale, né gli altri poteri forti del PD locale e nazionale che hanno sempre reputato Cevenini solo un buon portatore d’acqua: che però si trovano a questo punto senza candidati rappresentativi, dopo il ritiro della candidatura dell’aristocratico Lorenzo Sassoli de’ Bianchi e il mancato decollo della ardita ipotesi Romano Prodi (sul più ampio quadro bolognese in cui parte questa corsa, si veda ancora l’articolo di giugno del Post).

«Non ha sostanza» dicono in molti nel Pd, dove lo hanno sempre considerato troppo leggero per gestire la complessità di Bologna. «Non ha mai amministrato».
Il suo recente sdoganamento da parte del Pd locale è dovuto a una figuraccia. Quella di Raffaele Donnini, segretario provinciale che lo scorso 2 agosto, mentre marcia con Pier Luigi Bersani, dipinge «Mister preferenze» alla stregua di un avversario. Ops, c’era un microfono aperto. Insorgono tutti tranne il diretto interessato. Rapida marcia indietro, le parti si ribaltano, adesso è il Pd che insegue lui. Ma rimane ancora una vaga ostilità dei poteri forti della città, in testa Unipol. «Io sono il primo a sottolineare i miei limiti. Negli ultimi anni non mi sono mai misurato con ruoli di governo diretti. La scelta di fare politica in mezzo alla gente mi ha fatto perdere occasioni fondamentali. Non ho mai parlato ad un congresso nazionale. E mi è capitato di disertare qualche consiglio provinciale per via dei matrimoni da celebrare. Non voglio sminuire la politica alta, ma credo che ascoltare i tuoi concittadini, stare con loro, sia altrettanto importante».

Silvia Bignami su Repubblica conferma che i giochi sarebbero fatti, e che sulle primarie eventuali non esistono concorrenti (al momento l’unico che si è fatto avanti in nome delle classi di cui sopra è il presidente dell’Istituto Gramsci Gian Mario Anselmi).

Su questo contano i vertici del partito, sempre più convinti a puntare sul popolarissimo Mister Preferenze, nonostante le tante resistenze, soprattutto quella delle cooperative rosse, che ancora faticano a cedere all’idea del candidato popolare. «Dica cosa pensa della città», l’ha spronato il segretario Pd Raffaele Donini. E lui non si tira indietro, anche se più che all´investitura della nomenclatura punta alla proclamazione popolare. «Non tiratemi per la giacca» diceva ancora ieri. Cauto, come chi sa che non tutto il Pd l´ha scelto, ma consapevole dell’alta posta in palio. Ripetendo il suo slogan: «Il Cev c’è».