Mirabello, ore 18
Le cose da sapere in vista del discorso di Gianfranco Fini
Si ricomincia, come abbiamo detto. Il discorso di Gianfranco Fini di questo pomeriggio segna ufficialmente la ripresa dell’attività politica italiana: permetterà forse di capire se e cosa è cambiato nel centrodestra nel corso del mese di agosto – tra dichiarazioni combattive e offerte di pace – e avvicinerà tutti al passaggio parlamentare che attende la maggioranza: la fiducia sui cinque punti proposti al Parlamento dal governo Berlusconi.
Quando
Oggi alle 18. Diretta su SkyTg24 e su RaiNews24, che si vedono anche online in streaming, e ovviamente sul Post.
Perché a Mirabello
Mirabello è un comune in provincia di Ferrara di tremila abitanti che ospita storicamente le Feste del tricolore, un tempo raduno estivo dei militanti del Movimento Sociale Italiano. L’appuntamento è sopravvissuto alla trasformazione del MSI in Alleanza Nazionale e ha vissuto qualche anno turbolento dalla fondazione del PdL: oggi è evidentemente un luogo che significa molto per chi ha deciso di abbandonare Berlusconi per dedicarsi alla costruzione di un’altra destra. Poi Mirabello è anche il posto in cui Almirante designò Fini come suo successore, nonché il comune natale della mamma di Fini. Per il discorso del presidente della Camera sono attese oltre diecimila persone.
La situazione
I leader del centrodestra hanno passato l’estate a dire la loro su cosa fare della legislatura: se interromperla, portando il paese alle elezioni anticipate, oppure cercare di portarla ancora avanti, chiedendo ai finiani di sostenere l’alleanza e il programma usciti dalle elezioni. Sia Berlusconi che Bossi hanno utilizzato come una clava la minaccia delle elezioni anticipate, ma in nessun momento i finiani hanno detto di non voler tenere fede al mandato elettorale. Da lì la necessità del PdL e della Lega di circostanziare gli argomenti all’ordine del giorno, che ha portato alla stesura dei cosiddetti cinque punti. La novità di ieri è che Berlusconi ha deciso di togliere dal punto sulla giustizia la norma sul processo breve, che i finiani contestavano apertamente. Insomma, pur tra qualche scossone, si va verso il proseguimento della legislatura.
Il partito di Fini
In assenza di grossi distinguo sugli orientamenti programmatici, un altro potenziale casus belli poteva essere la decisione dei finiani di fondare un proprio partito. Per settimane molti hanno ipotizzato che questa potesse essere ufficializzata proprio durante il discorso di oggi. Adesso la cosa appare piuttosto improbabile, per una ragione politica e una strategica. La ragione politica è che Fini e i suoi non sono interessati a una fine immediata della legislatura né tantomeno a passare per i responsabili di un’eventuale crisi di governo: vogliono continuare a tirare la corda fermandosi un secondo prima che si strappi. La ragione strategica è che presto i probiviri del PdL decideranno sull’espulsione di Fini e i suoi, e a una decisione drastica dovrà seguire dai finiani una risposta adeguata. Che sarà proprio il nuovo partito, e a quel punto sarà difficile accusarli di fughe in avanti. Il discorso di Fini di oggi è già abbastanza succulento – mediaticamente e politicamente – perché possa essere utile affiancarle un’altra grossa notizia, come la fondazione del partito.
Cosa dirà Fini, allora
I giornali di oggi si sbizzarriscono nelle anticipazioni, ovviamente, anche basandosi su quanto detto ieri dal presidente della Camera alla festa di Alleanza per l’Italia, il partito fondato da Rutelli e Tabacci. Altri esponenti di Futuro e libertà hanno fornito qualche dritta, e il Corriere della Sera si cimenta in un’accurata previsione. Il discorso dovrebbe durare almeno un’ora e dietro Fini siederanno i parlamentari di Futuro e libertà, per segnalare compattezza davanti alle offerte del premier (che ieri ha promesso a chi torna nei ranghi riconoscenza durante la composizione delle liste elettorali).
Sarà un discorso «storico» e di «ampio respiro», giura chi ha strappato al presidente qualche anticipazione. La traccia, salvo ripensamenti, si può riassumere così. Fini non ha alcuna intenzione di provocare una interruzione traumatica della legislatura, è anzi consapevole che la crisi del Paese non potrebbe sostenere il peso di un voto anticipato e farà di tutto per scongiurarlo. Parlerà del futuro dell’Italia, giurerà «fedeltà al mandato degli elettori» e lancerà una proposta in fatto di giustizia per sbloccare l’impasse e chiudere una estate di accuse, tormentoni e veleni in cui la politica «ha perso la bussola».
Al premier renderà il merito, riconoscendogli lungimiranza politica, di aver sgombrato dal tavolo della politica il disegno di legge su un processo breve congegnato come «amnistia lunga». E lancerà una proposta sulla giustizia che, dicono i fedelissimi, «il capo dell’esecutivo non potrà rifiutare». Berlusconi ha il diritto-dovere di governare, ribadirà Fini e gli offrirà uno scudo dai processi in corso. Persino qualcosa che somigli a un processo breve riveduto e corretto, ma che valga soltanto per lui, così da non far saltare migliaia di giudizi.
Nel solco del monito di Napolitano, il presidente della Camera ribadirà come la priorità dell’Italia è l’economia e offrirà la sua ricetta per i conti pubblici. Aprirà con nettezza su un federalismo fiscale nella versione Calderoli eppure al governo non farà sconti nell’indicare le promesse non mantenute. E, con altrettanta chiarezza, dirà come a portare la maggioranza sull’orlo del precipizio non sia stato lui, ma Silvio Berlusconi.
Ed ecco le condizioni del presidente per una pace che salvi la seconda metà della legislatura. Accettare il confronto sul piano del rispetto con quella che dovrà essere la «terza gamba» della coalizione di governo, cioè Futuro e libertà. I finiani sono pronti a votare il programma ma sia chiaro che, d’ora in avanti, nei vertici di palazzo Chigi e palazzo Grazioli la Lega e Fli dovranno avere «pari dignità». È la conditio sine qua non, l’architrave del pacchetto che Fini offre a Berlusconi per siglare un nuovo «patto di legislatura». E ancora. Sanare la scomunica del co-fondatore, stracciando la carta del Pdl che ne sancisce l’incompatibilità. Scongiurare nuovi attacchi della stampa vicina a Berlusconi e chiudere la questione del «processo» davanti ai probiviri del Pdl che attende gli onorevoli Bocchino, Granata e Briguglio.