Il paese che non ha la destra
Lo Spiegel si chiede perché in Germania non esiste un partito di destra degno di questo nome
Negli ultimi giorni in Germania si è discusso molto delle controverse dichiarazioni di Thilo Sarrazin, l’ormai ex membro del direttorio della Bundesbank autore di un libro contenente alcune tesi antisemite e fortemente critiche nei confronti della religione islamica.
Sarrazin sostiene che gli immigrati musulmani presto supereranno in numero “la popolazione autoctona” perché fanno più figli, e scrive che dal momento che gli immigrati non sono particolarmente bravi a scuola, la Germania sarà condannata anche a diventare un paese meno intelligente. Poi dice che i musulmani non sono interessati all’integrazione, e che preferiscono lavorare illegalmente piuttosto che pagare le tasse. Le sue dichiarazioni hanno avuto grande risalto sulla stampa tedesca e sono state criticate da più fronti, non ultimo dal cancelliere tedesco Angela Merkel che le ha definite “assurde e inaccettabili”.
Tesi come quelle di Sarrazin non sono rare in buona parte dei paesi europei, essendo patrimonio di movimenti e partiti populisti e di estrema destra che negli ultimi anni hanno visto moltiplicarsi i loro consensi. In Francia, in Italia, in Svizzera, in Austria, in Olanda, in Belgio, partiti di estrema destra raccolgono molti voti e sono influenti e decisivi nella sorte dei governi nazionali, ove addirittura non vi partecipano, come in Italia. In Germania, come nota questa settimana lo Spiegel, non succede niente di tutto questo. Frasi come quelle di Sarrazin vengono condannate dalla maggioranza e dall’opposizione e di fatto non esiste una formazione politica di significativa importanza a destra dei democristiani della CDU, il partito di governo, che in Italia sarebbe considerato un partito di centro cattolico, liberale e moderato.
“In teoria”, ha detto allo Spiegel un professore di Scienze politiche dell’università di Berlino, “ci sarebbe spazio per un partito politico a destra della CDU. Il problema è che l’estrema destra in Germania fa come le mosche: gira attorno al letame, si riempie lo stomaco e poi sparisce”. La metafora colorita rende bene l’idea di quello che accade al NPD, il piccolo partito neonazista che ogni tanto fa il botto in qualche elezione locale – accadde soprattutto intorno al 2003 e il 2004 – per poi ritornare a perdere consensi, iscritti e visibilità pochi anni dopo. Secondo lo Spiegel, però, questo non vuol dire necessariamente una maggiore apertura da parte dell’elettorato tedesco.
Il fatto che in Germania non ci sia un grande partito di estrema destra è più un’anomalia politica che un certificato di tolleranza. Il 46 per cento dei tedeschi pensa che in Germania ci siano “troppi musulmani”. Solo il 16 per cento dei tedeschi pensa che “la cultura islamica possa integrarsi con quella tedesca”, il risultato più basso tra gli otto paesi coinvolti nel sondaggio, tra cui Olanda, Francia e Ungheria.
Qui il settimanale tedesco è forse un po’ impreciso, dimenticando che la scarsa tolleranza verso le religioni in generale e quelle particolarmente invasive e prescrittive in particolare, come l’islam, è patrimonio anche di una buona fetta dell’elettorato progressista e di sinistra, e in generale di persone che non nutrono sentimenti razzisti o xenofobi ma non per questo vedono con favore l’allargarsi delle comunità religiose. È più eloquente in questo senso un altro sondaggio, secondo il quale il 20 per cento dei tedeschi considererebbe l’ipotesi di votare un partito a destra dei cristianodemocratici, se questo esistesse. Una delle ragioni per cui non esiste è chiara.
La Seconda guerra mondiale. “Il rifiuto e il rigetto del razzismo e del fascismo è parte fondamentale della Germania moderna”, ha detto allo Spiegel Ulrich Kober, studioso di un think tank tedesco. “È una parte centrale della nostra educazione: anzi, a volte gli studenti si lamentano di quanto a lungo a scuola si parli dell’Olocausto”.
Poi ci sono altre ragioni. Da una parte l’esistenza invece di un’estrema sinistra molto forte, la Linke di LaFontaine, capace di intercettare parte del voto di pancia e di protesta altrimenti destinato a essere assorbito dai movimenti populisti di estrema destra. Dall’altra il fatto che per molto tempo, per esempio, la posizione della CDU sull’immigrazione è stata molto rigida, nonché la sua rigida opposizione all’ingresso della Turchia nell’Unione europea. E questo ha frenato la formazione di un partito alla sua destra: chi voleva un partito anti-immigrazione semplicemente votava la CDU. Poco importa se su altri temi le posizioni dei cristianodemocratici sono equilibrate e moderate: il populismo di estrema destra funziona anche così, prende due o tre temi e ignora tutti gli altri, e anche in Italia ne sappiamo qualcosa. La rigidità della CDU sull’immigrazione si è riflettuta anche sulle leggi tedesche, che infatti hanno sempre controllato con grande attenzione i flussi migratori.
In ogni caso, dice Kober, la situazione potrebbe cambiare da un momento all’altro, visto il progressivo indebolimento degli strumenti e degli elementi che fino a questo momento hanno scoraggiato la formazione di un significativo movimento di estrema destra. “Non siamo diversi dai nostri vicini. Le potenzialità xenofobe sono già qui: certo non metterei la mano sul fuoco sul fatto che la Germania rimanga a lungo un posto salubre”.