I mondiali hanno peggiorato le cose in Sudafrica?
Lo sostiene Newsweek raccontando la nuova ondata di scioperi, più aggressivi del solito
Secondo la giornalista Eve Fairbanks di Newsweek, gli ultimi scioperi dei lavoratori sudafricani hanno un’impronta diversa da quelli che ogni anno avvengono puntuali nel paese che a luglio ha ospitato l’ultima Coppa del Mondo di calcio. La “stagione degli scioperi” va da agosto a settembre, mesi in cui i lavoratori iscritti al sindacato del Congresso del Sudafrica (COSATU) rinegoziano i loro contratti. Il COSATU è un sindacato potentissimo, e viene considerato il terzo partito della nazione insieme al Congresso Nazionale Africano (ANC) e il Partito Comunista.
Non sono quindi una novità le immagini delle centinaia di migliaia di cittadini sudafricani che in questi giorni stanno scendendo in piazza per chiedere l’aumento dell’8,6 per cento di stipendio. Rispetto al solito, scrive Fairbanks, l’atmosfera e le modalità dello sciopero sembrano però diverse, e le cause si potrebbero ritrovare nei mondiali conclusi un mese e mezzo fa. I lavoratori sono più aggressivi e meno disposti al dialogo, più confusi e frazionati, e non è incredibile supporre che alla base di questo cambiamento ci sia innanzitutto la frustrazione per i lavori che il governo ha svolto per la Coppa del Mondo.
La Coppa del Mondo potrà essere stata un motivo d’orgoglio, ma per i lavoratori è stata solo un’orgia capitalista che ha messo davanti all’aumento degli stipendi dei sudafricani le spese per gli stadi lussuosi per fare buona impressione sugli schermi dei televisori all’estero.
La manifestazione sportiva era riuscita a unire diverse classi di cittadini, che sono però tornate a fronteggiarsi subito dopo la finale tra Spagna e Olanda. E, come detto, è la nuova aggressività di chi sciopera a dare l’impressione che i cittadini abbiano visto nei mondiali la classica goccia che fa traboccare il vaso. Lo sciopero di questa settimana vede come protagonisti principalmente lavoratori statali, come insegnanti e infermieri.
In certi ospedali, gli impiegati che stavano scioperando hanno invaso le stanze in cui si stava operando per infastidire i colleghi che non scioperavano. Degli studenti sono stati evacuati dalle scuole dopo essere stati minacciati dai loro insegnanti, e gli esami del diploma per il liceo sono stati rimandati in circa metà del paese. Sono state assegnate delle guardie alle infermiere che non scioperano, per proteggerle, e lo stesso ministro della salute, Aaron Motsoaledi, ha parlato in radio per implorare gli scioperanti di calmarsi e di non trasformarsi in mostri. «Se entrate in una clinica e disturbate un’operazione state commettendo omicidio», ha detto ai cittadini. «Così state affermando che qualcuno deve morire per le vostre richieste o perché siete arrabbiati. In nessun altro posto del mondo succede una cosa del genere.»
La Coppa del Mondo avrebbe quindi ribaltato all’opposto il messaggio di fondo della competizione, basata sul sentimento dell’ubuntu — l’amicizia, la fratellanza — proprio dei paesi africani. Il Sudafrica ha uno dei coefficienti di Gini più alti del mondo: l’ineguaglianza delle sue classi sociali ha pochi pari nelle altre nazioni. Sono gli strascichi dell’apartheid, che ora non vedono più contrapposti solamente bianchi e neri ma anche i neri che hanno effettivamente tratto benefici dalla liberazione — un’elite chiusa, i cosiddetti “diamanti neri” — e quelli che non hanno ancora la possibilità di accedere alle sfere lavorative politiche, amministrative ed economiche.
Quello che i mondiali sono riusciti a fare è stato mettere alla pari, almeno sotto il punto di vista dell’immagine del paese, queste diverse classi. Un successo che è poi diventato un boomerang: i sudafricani meno abbienti sentivano di aver fatto parte del successo organizzativo e il governo era così riuscito a infondere ed aumentare la speranza di condizioni di vita migliori. Ora che i mondiali sono finiti, i cittadini si sono resi conto di quanto quel cambiamento fosse temporaneo e superficiale.