Una causa sulla privacy costa 8,5 milioni a Google
Il motore di ricerca pagherà una somma milionaria per chiudere una class-action contro il suo social network Buzz
Google pagherà 8,5 milioni di dollari per chiudere una causa legale avviata da alcuni utenti preoccupati per la loro privacy in seguito al lancio di Buzz, il social network introdotto dal motore di ricerca nel proprio servizio di posta elettronica Gmail. Il giudice di San Francisco che sta seguendo il caso dovrà dare il proprio consenso, dopodiché le due parti potranno eseguire l’accordo e chiudere così la class-action presentata lo scorso febbraio.
I promotori dell’iniziativa legale avevano deciso di citare Google in tribunale per contestare le politiche sulla tutela dei dati personali utilizzate all’interno del suo nuovo social network. Lanciato nei primi giorni di febbraio di quest’anno, Google Buzz era stato duramente criticato dalle associazioni a tutela della privacy e da numerosi utenti a causa di alcune funzionalità predefinite molto invadenti. In pratica, il social network utilizzava in automatico la rubrica di Gmail per creare una lista delle persone da seguire sfruttando alcune informazioni come frequenza delle conversazioni via chat ed email con gli altri utenti. L’elenco compariva anche nel profilo pubblico del proprio Google Account, rivelando così anche agli sconosciuti il proprio gruppo di amici.
A tempo di record, il motore di ricerca era corso ai ripari modificando il servizio e rimuovendo l’iscrizione automatica agli altri profili del nuovo social network. Nei mesi seguenti, Google migliorò anche la gestione del proprio profilo, inserendo un maggior numero di controlli per dare più sicurezze agli utenti desiderosi di proteggere i loro dati personali.
Nonostante le migliorie apportate, Eva Hibnick aveva comunque deciso di far causa a Google. Sostenuta dallo studio legale Audet & Partners LLP, la promotrice confidava di poter raccogliere in breve tempo un buon numero di adesioni per la propria class-action.
Per accorciare i tempi e scongiurare l’avvio di un processo dagli esiti incerti, Google ha ora scelto la strada dell’accordo legale. Lo studio che ha seguito Hibnick otterrà il 30% circa degli 8,5 milioni di dollari promessi dal motore di ricerca, mentre i sette sottoscrittori della class-action riceveranno 2.500 dollari ciascuno. La somma di denaro rimanente sarà depositata in un fondo e verrà utilizzata per finanziare alcune associazioni attive nella tutela dei dati personali online e nell’educazione tramite Web.
Nonostante sia presente all’interno di Gmail, servizio di posta elettronica che conta decine di milioni di iscritti, Google Buzz stenta ancora a decollare e fatica a reggere la concorrenza di social network già affermati come Facebook e Twitter. La società del motore di ricerca è al lavoro per migliorare ulteriormente il servizio e, sempre sul fronte della privacy, ha da poco confermato una revisione delle proprie politiche per la tutela dei dati personali.
Il testo delle politiche sulla privacy, applicate a partire dal prossimo 3 ottobre, è stato rivisto sensibilmente per abbandonare quanto più possibile il “legalese” e offrire frasi semplici e comprensibili per tutti. Google ha inoltre semplificato le singole regole sulla privacy di una dozzina di servizi, cercando di unificare le norme in un unico testo. Il “Centro sulla privacy” messo a disposizione degli utenti per raccogliere in un solo sito online le informazioni sulla riservatezza è stato in parte rivisto e contiene numerosi strumenti per comprendere quali dei tuoi dati personali vengono utilizzati da Google, come e per quale motivo.