«Sono anche il Cancelliere dei turchi»
La Merkel si schiera dalla parte dei turchi e parla dell'importanza dell'integrazione
Il capo del governo tedesco Angela Merkel si schiera dalla parte degli immigrati: «Quando i turchi hanno bisogno di aiuto possono contare su di me, sono anche il loro Cancelliere», ha detto in un’intervista al quotidiano turco Hürriyet. L’intervento arriva dopo le polemiche sollevate dalle dichiarazioni di Thilo Sarrazin, membro del direttorio della Bundesbank ed ex ministro della città stato di Berlino, che nei giorni scorsi ha pubblicato un libro intitolato Deutschland schafft sich ab, “La Germania si distrugge da sola”, in cui sostiene che la Germania si sta impoverendo sempre di più a causa dell’immigrazione musulmana. Oggi la Bundesbank ha iniziato le procedure per rimuoverlo dal suo incarico.
Nel suo libro Sarrazin sostiene che gli immigrati musulmani presto supereranno in numero “la popolazione autoctona” perché fanno più figli. E scrive che dal momento che gli immigrati finora non hanno dato prova di essere particolarmente bravi a scuola, la Germania sarà condannata anche a diventare un paese meno intelligente. Dice anche che i musulmani non sono interessati all’integrazione, e insinua che preferiscano lavorare illegalmente piuttosto che pagare le tasse. Le sue dichiarazioni, insieme a molti passi tratti direttamente dal suo libro, hanno avuto grande risalto nella stampa tedesca negli ultimi giorni e hanno riacceso il dibattito sui problemi legati all’immigrazione in Germania.
Il cancelliere tedesco ha definito «assurde e inaccettabili» le tesi sostenute da Sarrazin, capaci solo di «ostracizzare» alcuni gruppi della popolazione. «È dovere supremo della Germania far sì che gli immigrati vengano integrati nella nostra società, dobbiamo offrire tutte le opportunità di un paese libero e aperto ai nostri cittadini immigrati: queste persone devono poter beneficiare della vita sociale, economica e culturale del paese». Anche il presidente tedesco Christian Wulff ha condannato le dichiarazioni di Sarrrazin, «non è vero che gli immigrati non vogliono essere integrati, la maggior parte delle persone che arrivano in Germania hanno già intrapreso il cammino dell’integrazione», ha detto al quotidiano Mainzer Allgemeine Zeitung.
I due partiti al governo – i Cristiano Democratici della Merkel e i Liberal Democratici – hanno chiesto l’apertura di un dibattito sul tema dell’immigrazione e dell’integrazione. Wolfbang Bosbach, capo della commissione parlamentare degli affari interni, ha detto che c’è bisogno di una discussione vera, che parli dei progressi fatti e dei problemi ancora da risolvere senza reticenze né tabù: «Dobbiamo dare delle risposte con urgenza alle preoccupazioni delle persone, è vero che molti immigrati si sono integrati ma è anche vero che ci sono alcuni che continuano a rifiutare l’integrazione: quasi uno su tre per esempio si rifiuta di seguire, o abbandona prima della fine, il corso obbligatorio di tedesco che è previsto per ogni immigrato in ingresso nel paese». Dieter Wiefelspütz, della SPD, ha confermato che il tema deve essere affrontato con la massima urgenza perché l’immigrazione sarà il grande tema del futuro. «Anche se la Germania è in una posizione migliore rispetto ad altri stati europei sull’immigrazione, è ancora lontana anni luce da quello che si potrebbe fare».
Sarrazin dal canto suo finora ha risposto alle accuse dicendo di non essere razzista e di volere rimanere nella SPD per tutta la vita. Le sue provocazioni del resto non sono una novità per la scena politica tedesca: lo scorso autunno in un’intervista al magazine Lettre International disse che gli immigrati musulmani producono costantemente “piccole bambine con il velo” e che la maggior parte dei turchi e degli arabi che vive a Berlino non ha nessuna funzione produttiva se non quella di vendere frutta e verdura. Sostenendo anche in quel caso che i musulmani stanno conquistando la Germania grazie a un tasso di natalità più elevato. In Germania gli immigrati costituiscono il 18,4 per cento dell’intera popolazione. Il 14,1 per cento non ha un lavoro.