L’anno scolastico che verrà
Il ministro Gelmini tra i tagli, le proteste dei precari e qualche contraddizione, nella consueta conferenza stampa d'inizio anno
Il ministro dell’istruzione, Mariastella Gelmini, ha presenziato oggi alla consueta conferenza stampa sull’avvio del nuovo anno scolastico. Gelmini ha parlato degli effetti della riforma della scuola secondaria, che parte proprio quest’anno, e del tempo pieno alla scuola elementare, secondo i suoi dati aumentato del tre per cento negli ultimi due anni.
L’attenzione dei giornalisti presenti era concentrata però soprattutto sulla situazione dei precari, che in giro per l’Italia protestano contro il mancato rinnovo dei loro contratti: moltissimi sono in sciopero della fame, negli ultimi giorni alcuni sono stati ricoverati in ospedale. Sono duecento mila, lamentano il taglio di dieci mila posti, oltre che una condizione a volte addirittura decennale di precarietà. Chiedono di incontrare il ministro, che nel corso della conferenza stampa ha espresso la sua solidarietà e spiegato, racconta Repubblica, che l’Italia si trova in un momento di crisi – a volte conviene ammetterlo, evidentemente – e che per questo bisogna “razionalizzare le risorse al meglio”.
“Non è possibile che il 97 per cento delle risorse complessive, 43 miliardi di euro circa, vengano utilizzate per stipendi come adesso. Se vogliamo una scuola di qualità non si può spendere solo il 3 per cento delle risorse”. Secondo la Gelmini 760 mila docenti in Italia “sono più che sufficienti” e il taglio “vero” sui precari effettuato dal governo sarebbe di appena 12 mila cattedre: 10 mila l’anno scorso e 2 mila quest’anno. In pratica, i pensionamenti hanno attenuato la sforbiciata di 67 mila cattedre in due anni.
Interpellata dai giornalisti, Gelmini ha detto però di non avere intenzione di incontrare i precari che protestano, fornendo due motivazioni. La prima è che il disagio dei precari sarebbe stato strumentalizzato da alcune forze politiche: “Si scopre che alcuni di quelli che protestano in piazza non sono precari ma esponenti di Italia dei Valori”. La seconda è che, secondo il ministro, questa sarebbe una sorta di protesta preventiva e quindi ingiustificata.
“Chi protesta non sa ancora di essere stato escluso dalle supplenze, questo si vedrà fra qualche settimana e non voglio aggiunge altre tensioni proprio in avvio dell’anno scolastico. Sono disponibile a un incontro con i precari quando vedrò che la nostra azione a sostegno anche dei precari sarà giustamente considerata e poi anche quando verificherò che gli accordi con le Regioni verranno adeguatamente presi in considerazione”, spiega il ministro, chiarendo che “se si preferisce l’indennità di disoccupazione alle possibilità che si aprono con gli accordi regionali” allora c’è qualcosa che va verificato.
Francesca Puglisi, responsabile scuola per la segreteria del PD, ha parlato di “chiacchiere e numeri che non hanno alcun riscontro nella realtà”. Marco Campione – responsabile istruzione del PD lombardo, sul Post aveva raccontato dieci cose sulla scuola italiana – ha fatto notare una contraddizione non da poco nelle affermazioni del ministro.
Il fatto che il 2 settembre non si sappia se un insegnante inserito in graduatoria ha perso il posto o meno, vuol dire che non sono ancora state ultimate le nomine. Il 2 settembre non sono state ultimate le nomine. E questo per il Ministro è una cosa normale. Così normale che un paio d’anni fa minacciò di cacciare tutti quei direttori regionali che non avessero ultimato le nomine entro il 31 agosto. Perché è così importante? Perché da ieri gli insegnanti sono a scuola e programmano il lavoro del prossimo anno. Per molte classi questo sta avvenendo senza l’insegnante – chessò – di lettere, di matematica o di entrambi. Le pare normale Signor Ministro?