I droni sul confine con il Messico
Arrivano i nuovi Predator che pattuglieranno tutto il confine, alla ricerca dei contrabbandieri
28 mila morti negli ultimi quattro anni. È il conto delle vittime di crimini legati alla guerra alla droga in Messico, che da decenni vede scontrarsi diversi cartelli di narcotrafficanti per la conquista dei territori chiave delle zone e delle rotte della droga. L’area principale degli scontri è quella nella parte nord del paese al confine con gli Stati Uniti, che i contrabbandieri (e gli immigrati) cercano ogni giorno di oltrepassare.
Per cercare di combattere l’entrata di droga negli Stati Uniti (e, ovviamente, limitare l’immigrazione) all’inizio di agosto il presidente Barack Obama ha firmato una legge da 600 milioni di dollari per aumentare le forze sul confine, dislocando 1.500 agenti aggiuntivi e soprattutto ordinando tre nuovi droni Predator, aerei automatici (senza pilota, a volte autonomi a volte guidati a distanza) già usati dall’esercito americano, in particolare sul confine tra Pakistan e Afghanistan. I vecchi droni pattugliavano solo una piccola porzione del confine messicano, mentre i nuovi Predator — di cui uno è già in volo — riusciranno a coprire tutti i 3.200 chilometri che vanno dall’Atlantico al Pacifico.
La notizia è stata comunicata con un annuncio del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti. Durante una conferenza il segretario per la Sicurezza Nazionale Janet Napolitano ha commentato così la decisione:
«Con l’utilizzo dei Predator in Texas saremo in grado di coprire anche il confine sud-ovest, dall’area di El Centro in California fino al Golfo del Messico, aiutando il personale a terra a sorvegliare la zona. Questo è un altro passo fondamentale per assicurare la sicurezza sul confine.»
I Predator sono costruiti dalla General Atomics, e sono equipaggiati con sofisticati sistemi di visione diurna e notturna che dovrebbero rilevare la presenza dei contrabbandieri. I droni sono in grado di volare per trenta ore di fila.
Negli scorsi giorni a soli 150 chilometri dal confine con gli Stati Uniti erano stati trovati 72 cadaveri in una miniera. I 72, tra cui una donna incinta, non erano trafficanti di droga ma persone che stavano cercando di arrivare al confine per oltrepassarlo. Sono probabilmente stati uccisi, scrive Christian Science Monitor, da uno dei cartelli della droga della zona dopo un tentativo fallito di reclutamento.
Il massacro, uno dei peggiori nella storia della guerra alla droga in Messico, ha confermato quello che gli analisti stavano già sospettando: i narcotrafficanti stanno iniziando a diversificare le attività criminali e ad attaccare altri gruppi e non solo i cartelli rivali.