A che punto è la scelta del nuovo capo del Labour
Oggi si comincia a votare, l'elezione il 25 settembre: ecco chi sono i cinque candidati
Con l’elezione di David Cameron a primo ministro britannico, si è aperta la corsa per la successione a Gordon Brown come leader del partito laburista. I candidati sono cinque: David Miliband, ex ministro degli esteri; Ed Miliband, fratello del primo ed ex ministro dell’energia; Ed Balls, ex ministro dell’istruzione; Andy Burnham, ex ministro della sanità e Diane Abbott, deputata, la prima parlamentare nera nella storia del Regno Unito.
Le procedure di voto cominciano oggi e si concluderanno il 25 settembre, quando durante il congresso del partito sarà annunciato il nome del vincitore. Possono votare tutti i parlamentari e gli europarlamentari laburisti, gli iscritti del partito e delle organizzazioni a questo affiliate, come alcuni sindacati: l’ultimo congresso risale al 1994 e all’epoca votò un milione di persone. Non tutti i voti però hanno lo stesso peso: le preferenze sono suddivise in tre settori – parlamentari ed europarlamentari, iscritti al partito, iscritti a organizzazioni affiliate – e ognuna pesa per un terzo nel risultato finale, al di là del numero di voti che esprime. Non si può vincere senza il consenso della maggioranza assoluta del partito, quindi se al primo scrutinio nessun candidato dovesse superare questa soglia – com’è alquanto probabile – si andrà a un ballottaggio tra i due candidati più votati.
Con l’occasione dell’inizio del voto, BBC racconta e spiega brevemente chi sono i cinque candidati e quali sono le loro posizioni sui temi più importanti al centro della loro campagna elettorale.
Diane Abbott
“Non riusciremo a coinvolgere la società e soprattutto i giovani nella politica, se questi continueranno a vedere la classe politica come una casta separata dal resto del paese, una specie di gruppo di geek con abiti eleganti”
Classe 1953, deputata dal 1987, è stata la prima parlamentare nera del Regno Unito. È riuscita all’ultimo momento a trovare il sostegno dei 33 parlamentari necessario a presentare la sua candidatura, che oggi rappresenta un’ala del partito più di sinistra delle altre, raccogliendo il sostegno più dei sindacati che degli iscritti al partito. Sostiene che il partito debba lasciarsi alle spalle il New Labour di Blair e ripristinare la democrazia interna. Le sue priorità sono ristabilire le libertà civili come un tema cardine della sinistra, ridiscutere l’impegno militare in Afghanistan, opporsi ai tagli al settore pubblico e promuovere una tassa sulla ricchezza. Pochissime speranze di arrivare al ballottaggio, di fatto si contenderà il terzo posto insieme ai prossimi due candidati.
Ed Balls
“Abbiamo bisogno di un leader capace di tradurre la teoria e le idee in vere riforme, e guidare il partito non come un gruppo di pressione ma come una genuina alternativa di governo. Dobbiamo trovare il linguaggio giusto per i nostri programmi e mostrare di essere in sintonia con le persone. Non vinceremo le prossime elezioni nei seminari o nelle aule universitarie”
È stato per anni il pupillo di Gordon Brown, e molti negli scorsi mesi lo avevano indicato come insidioso pretendente alla guida del Labour. Ora la sua candidatura si è molto sgonfiata, e i sondaggi lo indicano come colui che raccoglierà meno preferenze da parte degli iscritti del partito. Di fatto i ranghi dei suoi sostenitori sono stati svuotati dalla discesa in campo di Ed Miliband. Dice di battersi per un partito più attento alle istanze degli elettori, che rafforzi la sua base e utilizzi gli iscritti e i sindacati per diffondere idee e progetti. Si oppone a molti dei tagli proposti per risanare il deficit, sostenendo che la stessa promessa elettorale del Labour di dimezzare il buco in quattro anni sia stata un errore. Duro sull’immigrazione, chiede di rinegoziare gli accordi stipulati a questo proposito con l’Unione Europea.
Andy Burnham
“Abbiamo sbagliato a non ascoltare le preoccupazioni dei nostri sostenitori. Abbiamo sbagliato a non prenderle sul serio e non rispondere adeguatamente. E abbiamo sbagliato a dare per scontato il loro consenso. Condivido questa responsabilità con gli altri dirigenti di questo partito. Ora, vorrei che noi imparassimo da questi errori e riallacciassimo i rapporti con i nostri sostenitori, restituendo al nostro partito l’influenza e il potere che dovrebbe e potrebbe avere”
Quarantenne, nei governi laburisti degli ultimi dieci anni ha fatto il ministro della cultura e quello della sanità. Le sue posizioni politiche sono quelle di un socialista tradizionale, diciamo: simili a quelle di Diane Abbott ma prive della sua irruenza. Chiede che il partito laburista consulti i suoi iscritti su base quotidiana, riducendo il potere della dirigenza del partito e utilizzando le nuove tecnologie per coinvolgere la società. Non pensa che la riforma elettorale debba essere una priorità, e anche lui non ha quasi nessuna speranza di arrivare al ballottaggio.
David Miliband
“La tragedia delle ultime elezioni è che per troppe persone abbiamo perso il nostro ruolo di guida sia sul progresso che sulle riforme: il primo sul fronte delle riforme politiche e sulla diseguaglianza, il secondo sullo stato dei servizi pubblici e sull’economia. Siamo stati intrappolati dai demoni del partito laburista degli anni Ottanta, mentre la politica era da tempo tutt’altra parte”
Quarantacinque anni, da almeno dieci indicato come il miglior prodotto tra i giovani dirigenti laburisti, David Miliband è il grande favorito della competizione. Ha fatto il ministro dell’ambiente e quello degli esteri, e all’interno del partito incarna il settore più vicino alle posizioni di Blair. Fino a questo momento sembra essere il candidato con maggiori consensi su tutti e tre i segmenti che sceglieranno il leader del Labour: parlamentari ed europarlamentari, iscritti, iscritti a organizzazioni affiliate. Pensa che il partito debba lasciarsi alle spalle il dualismo tra Blair e Brown e rinnovare le proprie idee, propone una lotta alla diseguaglianza che porti verso il ritorno alla piena occupazione: stipendi equi per le donne, colmare il gap tra l’istruzione dei ricchi e quella dei poveri, riformare il welfare, tassare i bonus delle banche e cambiare sistema elettorale. Arriverà sicuramente al ballottaggio, che si giocherà con suo fratello.
Ed Miliband
“La strada verso la vittoria non è fatta solo di analisi del voto, bensì di ideali. Dobbiamo costruire un movimento largo, che mostri quanto le nostre posizioni sono radicate tra la gente. Dobbiamo dimostrare di essere un partito di idealisti, non di amministratori”
Fratello minore di David, ha quarantuno anni e nell’ultimo governo laburista era il ministro dell’energia. Più vicino a Brown che a Blair, le sue posizioni si pongono a metà tra quelle di suo fratello David e quelle degli altri candidati. Pensa che il partito debba riscoprire il radicalismo in alcune posizioni e riavvicinarsi ai sindacati, al mondo del volontariato e dell’associazionismo. Anche lui, come suo fratello David, crede che un terzo dei membri del governo ombra debbano essere donne. Pensa che l’impegno elettorale del Labour di dimezzare il debito in quattro anni possa essere un punto di partenza, migliorabile. I sondaggi lo danno in leggero svantaggio, e la tendenza sembra dare ragione a suo fratello piuttosto che a lui: in ogni caso se la giocherà fino alla fine.