Pensieri a cranio scoperchiato
Antonio Moresco scrive: "Continuerò a pubblicare con Mondadori"
A partire dalla questione della cosiddetta “legge Mondadori” e del conflitto di coscienza attribuito di recente agli scrittori “democratici” che pubblicano per Mondadori ed Einaudi, lo scrittore Antonio Moresco ha pubblicato sul sito della rivista Il primo amore una lunga e interessante riflessione sul suo mestiere di scrittore.
In questi giorni di fine agosto i giornali stanno parlando molto dell’ennesima legge “ad personam” (in questo caso “ad aziendam”) che consente alla Mondadori di non pagare al fisco una cifra enorme. Dopo la presa di posizione pubblica di Vito Mancuso, che ha espresso i suoi dubbi se continuare a pubblicare con questo editore e che ha chiamato, nome per nome, alcune persone che pubblicano presso lo stesso a pronunciarsi, si è dato fuoco alle polveri. Opinionisti, giornalisti e politici abituati a capitalizzare fulmineamente ogni cosa si sono gettati sulla vicenda con continue richieste di abiura editoriale rivolte a scrittori e saggisti (i poeti -chissà perché- non vengono presi in considerazione) che pubblicano con questo editore e con questo gruppo. Argomenti moralmente e politicamente ricattatori, ironie e sfottimenti in caso di risposte non gradite o evasive, esibizione di superiorità civile e morale, soprattutto da parte di giornali di gruppi editoriali concorrenti e di persone bene acquartierate in essi. Perché in Italia le cose funzionano così.
Si invitano gli scrittori a schierarsi su questa “crisi di coscienza” trasformata in una macchina da guerra contro un’altra macchina da guerra, ad abbandonare questo editore per altri più virtuosi, ciascuno vantando le proprie benemerenze e la propria superiorità etica, in una battaglia che viene da lontano e che nasconde anche altri fini, sperando tra l’altro di scrollare l’albero e di accaparrarsi qualche frutto caduto, soprattutto se questo ha una buona quotazione di mercato e porta quattrini. Perché in Italia le cose funzionano così, tanto più in questi anni difficili, torbidi, in questo clima intossicato da una situazione politica, sociale e civile sempre più difficile da sopportare.
Così può succedere che persino gli scrittori -che in Italia non sono tenuti in gran conto, a meno che non rimpinguino i fatturati- vengano utili all’interno di questi movimenti militari e di queste campagne. Lavagnette e specchietti con tanto di elenchi e faccine dei buoni, dei meno buoni e dei cattivi, di quelli più virtuosi e di quelli meno virtuosi. Pareri usa-e-getta da inserire in questo mosaico, esibizione di muscoli, esercitazioni, parate. Perché in Italia le cose funzionano così.
Non metto in questo elenco gli scrittori cui, per ragioni di censura o di opportunità politica, sono stati rifiutati i libri da case editrici del gruppo Mondadori e che, giustamente, se ne sono andati.
Siccome anch’io ho le mie convinzioni e le mie passioni ma non sono un soldatino, siccome non ci sto a farmi appiattire su quest’unica dimensione e a farmi schiacciare su queste semplificazioni strumentali e parziali, ma siccome non mi è neppure congeniale starmene zitto e coperto, in attesa che la polvere torni a posarsi e che la bolla si sgonfi, provo a esprimere qui, per iscritto, i pensieri, tutti i pensieri che mi sono passati per la testa in questi giorni, compresi quelli scomodi, non eleganti, quelli che in genere si preferisce lasciare nell’ombra, senza autocensurarmi né autolobotomizzarmi.
(continua a leggere sul sito di Il primo amore, a cui rimandiamo sperando
di corrispondere così alla richiesta di Antonio Moresco in calce al suo articolo)