Addis Abeba, architetture di una metropoli africana anomala
L'Economist racconta il nobile passato urbanistico della capitale etiope, e le sue prospettive future
Addis Abeba fu fondata dall’imperatore Menelik nel 1886 e ha oggi 4 milioni e mezzo di abitanti: ci si spetta che possano raddoppiare nel giro di un decennio. L’Economist spiega che la città ha una delle maggiori densità di abitanti nelle baraccoboli del mondo, disseminate in modo anomalo nella planimetria cittadina: invece che a circondare il centro, sparpagliate e confuse con le zone più organizzate e costruite, tollerate da una maggior abitudine alla confusione tra classi sociali e a un basso tasso di criminalità.
L’espansione della città è studiata nelle scuole di architettura cittadine (non c’è una parola esatta per “architettura” in aramico – la lingua ufficiale etiope – dice l’Economist, ma tra i commenti all’articolo ci sono dei dissensi), che fanno i conti con un ricco patrimonio di interventi durante il secolo scorso. Addis Abeba ospita pregevoli e ammirate costruzioni dell’occupazione fascista (come anche Asmara, in Eritrea), a cui sono succeduti meno pregevoli edifici pubblici di stampo sovietico durante il periodo marxista del paese, tra il 1974 e il 1991. La scuola architettonica italiana è ancora tenuta in grande considerazione nei progetti urbanistici in esame per affrontare la crescita della città, in cui sono stati coinvolti anche architetti stranieri.
Tra le altre difficoltà c’è la contemporanea nascita incontrollata di edifici in risposta al boom di popolazione, con speculazioni e torri moderne che aumentano i consumi e l’inquinamento da aria condizionata, e che sarebbero a rischio sismico: anche se l’interessante discussione nata nei commenti all’articolo approfondisce e obietta ad alcune di queste considerazioni.