Il caos fa bene a FIAT?
Scioperi, Fabbrica Italia che non decolla, calo delle vendite. Dal momento di difficoltà del Lingotto dipende il futuro dell'azienda
Oggi Sergio Marchionne interverrà al Meeting di Rimini e c’è molta attesa per il suo discorso. L’amministratore delegato di FIAT farà probabilmente un primo bilancio del progetto Fabbrica Italia, il piano per rafforzare la produzione di auto nel nostro paese, e difficilmente potrà sottrarsi dal commentare la complessa vicenda dei tre operai di Melfi licenziati e reintegrati dal giudice del lavoro, ma di fatto impossibilitati a svolgere le loro mansioni nello stabilimento.
Dopo gli anni difficili della rimonta e del paventato fallimento, FIAT sembra essere nuovamente in difficoltà su più fronti, e ci si chiede se il caos che si sta formando intorno alla società possa essere salutare per temprare l’azienda e prepararla alle prossime sfide, come raccontano oggi in prima pagina sul Foglio.
A venti giorni dall’assemblea che sancirà la separazione tra la FIAT Auto e il resto della casa, il gruppo vive una situazione complessa, tale da compromettere le prospettive di Fabbrica Italia, almeno a detta di alcuni analisti. A Melfi, tanto per cominciare, si farà ricorso alla Cassa integrazione dal 22 settembre al 3 ottobre «per adeguare i flussi produttivi alla domanda di mercato». Ovvero, come dimostrano i dati di luglio, in cui per la prima volta da tempi immemorabili non c’è una sola FIAT nella top ten dei modelli più venduti in Europa, le auto di Mirafiori non incontrano il favore del mercato.
Il calo delle vendite potrebbe avere dunque forti ripercussioni su Fabbrica Italia. Il piano prevede la produzione nel nostro paese di 1,4 milioni di veicoli, ma si stima che entro fine anno il numero di vetture assorbite dal mercato italiano sarà solamente intorno alle 600mila. Secondo alcuni analisti, il polverone sollevato a Melfi avrebbe consentito a FIAT di mantenere in ombra i possibili problemi di mercato per la società nel lungo periodo.
«Tutta la vicenda FIAT, Melfi compresa, – spiega l’analista Ernest Ferrari sul Foglio – ha assunto una dimensione molto mediatica con l’effetto di creare una situazione tale per cui Marchionne può dire: signori, io ci ho provato, ma non è possibile fare auto in Italia.»
Il confronto duro con la FIOM, il sindacato, non sta comunque danneggiando più di tanto la società, almeno sul piano della produzione. I modelli che riscuotono maggiore successo come FIAT 500 e Panda sono al momento prodotti negli stabilimenti di Tichy, in Polonia, mentre in Italia i numerosi scioperi a Melfi hanno consentito alla società di non ricorrere alla Cassa integrazione perché le agitazioni hanno provocato «fisiologicamente i tagli produttivi necessari». Salvo cambiamenti di rotta condizionati dalle forti pressioni ricevute negli ultimi giorni da ambienti del lavoro, politica e istituzioni, Marchionne sembra essere intenzionato a seguire la via dell’intransigenza e della severità per cercare di mantenere l’ordine in fabbrica.
I problemi di Melfi e il calo delle vendite sono il primo banco di prova per Fabbrica Italia, ma senza forti elementi di novità l’intero progetto potrebbe arenarsi prematuramente. Nei primi anni Ottanta, FIAT riuscì a risollevare le proprie sorti grazie ad alcuni modelli vincenti come la Panda e la Uno. Il successo delle nuove vetture permise a Cesare Romiti di riportare anche l’ordine nelle fabbriche. Il problema per la FIAT di oggi è che all’orizzonte non si vedono per ora “modelli killer” in grado si scalare le classifiche delle vendite, consentendo alla società di produrre e ricavare di più dal segmento auto.
L’unico modello nuovo all’orizzonte è “LO”, il possibile erede della Multipla, ma a quanto pare non sarà prodotto in Italia ma a Kragujevac in Serbia. Secondo gli analisti, inoltre, il trasferimento della produzione della Panda dalla Polonia allo stabilimento di Pomigliano sembra essere ancora in forse, e può darsi fosse stato ventilato da Marchionne per rendere più accettabile la scelta dello spin off, la divisione del comparto auto dalle altre attività del gruppo.
Il futuro della società potrebbe anche passare attraverso la cessione di un marchio alla concorrenza. L’ipotesi che circola da qualche giorno è legata alla possibile vendita di Alfa Romeo alla Volkswagen, interessata a contrastare il rafforzamento di Volvo ora controllata dai cinesi in Europa. La cessione del marchio potrebbe portare nelle casse della società almeno 500 milioni di euro, che potrebbero essere investiti per nuovi progetti per gli altri marchi. Ipotesi di scuola, naturalmente, che dimostrano comunque il grande fermento intorno al Lingotto. La società si appresta a debuttare in Borsa con un nuovo assetto e a sperimentare il progetto per rafforzare la produzione a Pomigliano. Dall’esito di queste iniziative dipenderà il futuro di Fabbrica Italia e dell’industria dell’auto nel nostro paese.