La campagna elettorale delle donne afgane
Sono sempre di più, nonostante minacce di morte dei talebani, manifesti sfregiati e ostracismi di ogni tipo
Il prossimo mese in Afghanistan si terranno le seconde elezioni parlamentari dal rovesciamento del regime talebano, e ben 406 donne saranno candidate per cercare di conquistare alcuni dei 256 in palio nella tornata elettorale, nonostante l’ostilità – tradottasi anche in minacce di morte – che ricevono quotidianamente dalle frazioni più conservatrici del Paese. La nuova costituzione afghana garantisce la presenza di almeno il 25% di donne – quindi 64 – all’interno del parlamento, ma questo è soltanto il limite minimo, e l’obiettivo è quello di aumentare la quantità di 68 donne attualmente in carica.
Nella capitale Kabul vengono anche affissi dei poster elettorali che raffigurano le candidate, ma con esiti poco rincuoranti: le immagini resistono poco all’esposizione, a causa degli interventi dei conservatori più intransigenti che le deturpano con sfregi di inchiostro rosso a causa del loro rifiuto all’idea che una donna possa svolgere una carica di rilievo. Durante il regime talebano alle donne non era permesso di partecipare in alcun modo alla vita pubblica e alle bambine era addirittura vietato frequentare la scuola: proprio oggi si è saputo di un nuovo avvelenamento ai danni di decine di insegnanti e alunne di una scuola femminile da parte dei talebani.
Il Guardian ha parlato con alcune delle candidate, come Fareda Tarana, ex-cantante celebre nel Paese per la partecipazione a un programma televisivo, a cui è stato impedito di correre per il proprio seggio a Herat, nell’Afghanistan occidentale, perché la gente del luogo – particolarmente tradizionalista – non avrebbe accettato una cantante di sesso femminile come candidato. Tarana dice che a questi episodi, come agli sfregi sui poster, era preparata da tempo, ma che comunque a Kabul la situazione è diversa e si respira un clima un po’ più liberale. Ciononostante ogni giorno riceve una decine di chiamate di uomini inferociti per la sua candidatura.
Va peggio a Najila Angira che è stata contattata direttamente da alcuni capi dei talebani che l’hanno minacciata di morte. Per i talebani Angira è tutto ciò che una donna non dovrebbe essere: candidata al parlamento e trentenne donna d’affari che dirige un’azienda di trasporti. Inoltre, durante la campagna elettorale si è riferita all’epoca del regime talebano come ai “giorni bui” del Paese. Altre candidate, come Hamida Ameri, hanno tentato di tenere dei comizi a cui l’uditorio maschile ha rifiutato di partecipare. Come detto, nei villaggi la situazione è peggiore che nei centri più grandi: nella provincia di Ghor una candidata è stata costretta a fuggire a Kabul e ritirare la propria candidatura. Nonostante gli ostacoli e le minacce il numero di donne candidate è salito significativamente, dalle 328 del 2005 alle 406 di oggi.
I profili di alcune candidate
Fareda Tarana: ex-partecipante di un programma televisivo afgano. Le canzoni che ha registrato durante e dopo la trasmissione si ascoltano spesso alla radio e alla televisione afghana. Ha lavorato per il Programma Alimentare Mondiale dell’ONU, e per una banca commerciale.
Najila Angira: una candidata molto particolare per gli standard afghani, è una trentenne che ha deciso di svolgere il suo ruolo di madre non riunciando al mondo degli affari: dirige una compagnia di trasporti e in campagna elettorale ha affittato degli spazi in giornali locali nei quali ha criticato aspramente il regime talebano.
Zahghona Bahkshi: una professionista che opera in un piccolo ufficio nella valle del Panjshir. Ha fatto stampare alcuni poster e fa della campagna porta a porta il suo punto di forza.
Hamid Ameri: insegnante di matematica che è fuggita in Iran durante il regime dei talebani. Ha fatto in modo che la propria campagna elettorale non collidesse con i suoi impegni scolastici. Il primo blocco di poster che aveva appeso in città è stato rimosso dopo appena 24 ore.
Farkhunda Zahra Naderi: Nata in un’influente famiglia afghana, ha compiuto parte dei suoi studi a Londra. La campagna di Naderi è molto particolare, non ha reso pubbliche le proprie foto e si è fatta rappresentare soltanto da una pera, il simbolo da tenere a mente per la grande parte di elettorato analfabeta. Sostiene che mostrare la propria immagine renderebbe le elezioni un concorso di bellezza, e combatte per i diritti delle donne a modo proprio.