Perché la FIAT non fa lavorare i tre operai di Melfi
La storia dei tre lavoratori sospesi, licenziati, reintegrati e ora impossibilitati a svolgere il loro lavoro
Oggi tre operai della FIAT – Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli – sono entrati nel loro stabilimento di Melfi, in provincia di Potenza, e sono stati invitati a entrare in una saletta, di fatto non potendo lavorare. I tre operai erano stati licenziati un mese fa, quando – secondo la FIAT – avevano bloccato l’intera catena di montaggio nel corso di una manifestazione interna, impedendo così a circa 1.750 operai di lavorare, anche a chi al corteo non aveva aderito. I tre avevano poi ottenuto il reintegro da parte del giudice del lavoro.
Il licenziamento
I fatti risalgono allo scorso luglio. La FIAT accusa i tre operai di aver bloccato un carrello robotizzato nello stabilimento, nel corso di una manifestazione sindacale nei primi giorni di luglio, rendendo così impossibile il lavoro alla catena di montaggio per chi aveva deciso di non partecipare al corteo. Dopo un periodo di sospensione, tra il 13 e il 14 luglio gli operai vengono licenziati dalla società e la FIOM, il sindacato, decide di impugnare i tre licenziamenti. Due dei licenziati sono delegati sindacali. Tutti e tre dicono di non avere manomesso il carrello. La decisione della FIAT scatena numerose proteste e porta ad alcuni scioperi e manifestazioni.
Il reintegro
Il 10 agosto il giudice del lavoro decide che Barozzino, Lamorte e Pignatelli possono rientrare nello stabilimento e riprendere l’attività lavorativa. Secondo il magistrato, la FIAT ha assunto un atteggiamento “antisindacale” nei confronti dei propri dipendenti ed è dunque tenuta a reintegrarli in azienda. Per la FIOM si tratta di una vittoria, perché di fatto accoglie le richieste che aveva fatto il sindacato a difesa dei tre operai. Il giudice riconosce agli impiegati «l’assenza di volontà diretta» nel creare un danno alla società.
Il ricorso
L’11 agosto la FIAT annuncia un ricorso «nel più breve tempo possibile» per far valere le proprie ragioni. La società sostiene di aver prodotto «prove incontrovertibili» sulla dinamica dei fatti della manifestazione di luglio e ricorda di essere pronta a portare la vicenda anche in sede penale. Gli avvocati dei tre operai respingono le accuse della FIAT: non hanno impedito il transito dei carrelli, poiché gli stessi non sono ripartiti nemmeno quando i manifestanti si sono allontanati dal loro percorso in fabbrica.
I sindacati
Secondo Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della FIOM, la FIAT agisce «in violazione delle leggi e dei contratti e a questo punto è chiaro che la linea deve cambiare visto che, per fortuna, l’ordinamento costituzionale italiano è ancora in vigore». Gli altri sindacati accolgono positivamente la scelta del giudice del lavoro e cercano di evitare lo scontro diretto con FIAT.
Non presentatevi
Il 21 agosto la FIAT invia un telegramma ciascuno ai tre operai invitandoli a non presentarsi al lavoro. L’azienda dice di non fidarsi degli impiegati reintegrati e dunque di non volersi avvalere delle loro prestazioni lavorative. La società conferma comunque di voler rispettare gli obblighi contrattuali con i tre fino al 6 ottobre, quando inizierà la discussione del ricorso presentato dalla stessa FIAT.
La stanzetta
Oggi Barozzino, Lamorte e Pignatelli sarebbero dovuti tornare al loro posto di lavoro, ma le cose sono andate diversamente. I tre operai sono arrivati allo stabilimento di Melfi accompagnati da un ufficiale giudiziario, incaricato di notificare il reintegro dei tre lavoratori. Nel primo pomeriggio la FIAT comunica ai tre operai che non possono accedere alla catena di montaggio, ma che possono continuare a svolgere la loro attività sindacale nello stabilimento. Se lo vogliono, i tre possono utilizzare una “saletta sindacale” fino alla discussione del ricorso prevista per la prima settimana di ottobre. I tre operai si rifiutano e verso le 15 abbandonano lo stabilimento.
Lavoro o cautela
La FIAT sostiene di aver utilizzato una prassi legittima, adottata spesso nel caso dei contenziosi legali con i lavoratori per evitare altre liti tra le parti in causa. La società ha poi ricordato che la Procura della Repubblica (Tribunale di Melfi) ha avviato un’indagine penale sulla vicenda per quello che viene ritenuto un blocco illegittimo e prolungato della produzione, una cosa diversa dallo sciopero. I legali dei tre operai e la FIOM sono di avviso completamente diverso. Il giudice del lavoro ha stabilito il reintegro degli operai nelle stesse posizioni e con le stesse mansioni che ricoprivano prima del licenziamento e non in una “saletta sindacale”. Il sindacato ha richiesto un intervento del presidente Napolitano e ha proclamato un’ora di sciopero tra le 14 e le 15. Per l’azienda la partecipazione è stata del 5,2 per cento nella prima ora, mentre per la FIOM hanno partecipato buona parte dei lavoratori del secondo turno.