Il duello del secolo
È quello tra Cina e India, lo descrive l'Economist nella sua copertina di questa settimana
L’Economist di questa settimana dedica la sua copertina a quello che definisce “il duello del secolo”. Il settimanale britannico scrive che come cento anni fa la situazione politica ed economica lasciava già vedere un futuro predominio di stati come il Giappone, la Germania e gli Stati Uniti, allo stesso modo questo primo decennio del ventunesimo secolo ci dice molto su quali saranno le superpotenze degli anni a venire: Cina e India.
Il gancio è offerto naturalmente dalla notizia di qualche giorno fa secondo cui l’economia della Cina avrebbe superato per dimensioni quelle del Giappone. Diciamo dovrebbe perché sull’affidabilità e sull’efficacia di questa stima sono state fatte diverse scettiche osservazioni, ma in ogni caso il punto non cambia: sorpasso o non sorpasso, la dinamicità e la solidità della crescita economica cinese rimane un fatto incontrovertibile e col quale è necessario fare i conti.
Fino a questo momento, scrive l’Economist, l’Occidente ha osservato la crescita dell’economia cinese con lo sguardo di chi vede avvicinarsi un rivale diretto. Facendo attenzione a come questo fenomeno facesse evolvere e mutare i rapporti della Cina con gli Stati Uniti. C’è però un’altra prospettiva da cui guardare ai fatti, più obiettiva e più precisa, che ci permette di prevedere meglio gli scenari del lungo periodo. Facendo un passo indietro, infatti, non potremo non renderci conto che il vero rivale nella Cina non è in Occidente. È l’India.
Cina e India non sono meramente due nazioni, come Giappone e Germania. In termini di dimensioni e popolazione, ognuna di queste è un continente – un continente povero, tra l’altro.
Certo fare previsioni è sempre piuttosto azzardato, e l’Economist mette le mani avanti. Vent’anni fa avremmo dato per certo un ruolo da protagonista del Giappone, oggi non più. La Cina è un paese enorme e complicato: potrebbe deludere le attese o addirittura collassare sotto il peso delle sue contraddizioni. Le potenze occidentali rimarranno centrali, ovviamente. Insomma, le cose sono ancora tutte in ballo. Anche perché entrambi i paesi non si trovano perfettamente a loro agio con questa condizione.
I leader cinesi considerano questa maniacale attenzione dell’Occidente nei loro confronti come una specie di cospirazione, un modo per imbrigliarli e incatenarli. L’India è altrettanto nervosa. È stata umiliata proprio dalla Cina in una guerra finita poco più di cinquant’anni fa: se lo ricordano. La Cina negli ultimi anni si è andata allontanando dagli Stati Uniti, l’India – in parte anche come reazione – ci si è avvicinata. La Cina ha un sistema politico rigido e bloccato, l’India ne ha uno forse eccessivamente indeciso e mobile. Nonostante questo, però, e nonostante la grande attenzione nei confronti soprattutto della Cina, la potenza del futuro potrebbe essere definitivamente l’India.
Se la Cina è destinata a vedere restringersi le dimensioni della sua forza lavoro, nei prossimi anni, l’India attraversa un periodo di sostanziale esplosione. Non è più inconcepibile l’idea che possa crescere a un ritmo superiore di quello cinese per un tempo considerevole. L’India ha il vantaggio di essere una democrazia, e avere quindi varie valvole di sfogo per il malcontento. Il suo esercito è numericamente secondo solo a quello cinese e quello statunitense. E siccome l’India non è vista come una minaccia dall’Occidente, ha un sacco di amici influenti e pesanti.
L’Economist sostiene che la prospettiva di un conflitto tra India e Cina preoccupa solo un gruppetto di vetero nazionalisti, in questa fase, ma che è vero he i due paesi devono sciogliere alcune questioni – due su tutte – per garantirsi reciproca lealtà e sicurezza.
Per prima cosa serve un accordo sui confini, cui si accennava prima. La Cina ne ha condotti e conclusi di lunghissimi con la Russia, con la Mongolia, con la Birmania e col Vietnam: è ora di fare lo stesso con l’India. Poi serve un salto di qualità, il salto di qualità che l’Europa è riuscita a fare solo dopo aver combattuto due guerre mondiali. Servono istituzioni robuste e comuni.
La Cina ha una particolare avversione per la diplomazia e il multilateralismo. Come ogni bullo che si rispetti, si sceglie nemici e interlocutori uno per uno. Sarebbe meglio invece se Cina, India e Giappone cominciassero a costruire dei forum regionali per indirizzare nel modo migliore le loro inevitabili rivalità e una sana competizione.
Il sistema di regolazione e di relazioni messo in piedi dall’Occidente nel Dopoguerra ha funzionato, arrecando vantaggi a varie potenze emergenti. Oggi però è diventato obsoleto, scrive l’Economist: riflette gli equilibri di un mondo che è passato, non di quello che verrà. Cina e India non dovranno solo giocare un ruolo importante nel ventunesimo secolo: dovranno immaginarlo. L’Occidente dovrà fare qualche concessione, in questo senso.