Abbiamo inventato i blog
Newsweek racconta la storia del ragazzo e della ragazza che hanno creato i blog
Siamo nel maggio del 1999. Peter Merholz pubblica una nota – un post, lo chiameremmo oggi – sul suo sito internet. Ne pubblica diverse, tutte molto brevi: meno di cento caratteri, oggi forse sarebbero dei tweet. Peter scrive che ha deciso di chiamare i weblog in un altro modo: wee-blog. Wee è uno dei tanti modi per dire “fare la pipì”, gli era sembrato un gioco di parole simpatico. Oppure direttamente blog, che è più breve.
Merholz era uno dei pochi ad avere un blog, allora, perché allora avere un blog voleva dire essere in grado di costruirlo fisicamente: di scrivere codice html, di masticare almeno un po’ di grafica, di avere tempo e voglia e soldi per comprare un dominio e un po’ di spazio sul web. Un passatempo per iniziati insomma, che però lo sarebbe rimasto ancora per pochissimo tempo. Pochi mesi dopo altre due persone, Meg Hourihan ed Evan Williams, crearono una piattaforma di blog per la loro società, la Pyra Labs. La chiamarono Blogger. La loro storia è raccontata dal numero di Newsweek di questa settimana.
Blogger non fu il primo software per la creazione e la gestione dei blog, ma fu il primo a rendere la creazione e la gestione di un blog un’operazione semplicissima e gratuita. I blog venivano pubblicati sotto il dominio blogspot.com: un anno dopo erano centomila. Non lo sapevano, scrive Newsweek, ma avevano cambiato per sempre il modo in cui il mondo comunica su internet.
Williams e Hourihan si conoscono nel 1998 a una specie di aperitivo/evento pubblicitario, e chiacchierando scoprono di avere in comune la voglia di costruire cose per questa cosa incredibile che si chiama Internet. Fondano la Pyra Labs con l’obiettivo di costruire applicazioni per il web e la speranza di venderle in giro. Avevano bisogno di tenere traccia del loro lavoro e dei suoi progressi, e comunicare tra loro: allora misero in piedi un web-log (un blog!, sì) e lo usarono come oggi un’azienda userebbe una rete intranet. A quei tempi stavano cercando di individuare quali aziende e soggetti potessero essere più interessati ai loro software, e si resero rapidamente conto che tutti questi avevano un blog. Allora decisero di prendere il software che avevano scritto per loro, dargli una ripulita e renderlo disponibile gratuitamente: magari vedono che è fatto bene e decidono di comprarsi qualcos’altro fatto da noi, si dissero.
Quell’agosto pubblicarono Blogger: lo chiamarono così in onore del gioco di parole di Peter Merholz. Se ne parlò un po’ in giro ma c’era ancora una grossa barriera all’ingresso: per creare un blog bisognava avere un dominio e un hosting. Alla fine del 1999 Pyra Labs lanciò Blogspot.com per risolvere questo problema. A gennaio gli utenti erano 2300: pochi, diremmo oggi, ma gli esperti del settore erano sbalorditi visto che pensavano che i blog fossero cose marginali, per ultra-minoranze di utenti.
Le cose andavano alla grande, insomma, eccetto per un piccolo particolare: non c’erano soldi. Il servizio era fornito in forma gratuita, la pubblicità non esisteva e non esisteva perché non ce n’erano le condizioni di mercato. I fondi di Pyra Labs si vanno prosciugando. Gli impiegati lavorano per settimane senza essere pagati, poi le settimane diventano mesi. Alla fine del 2001 se ne vanno tutti. Se ne va anche Meg Hourigan. Il solo Williams riesce in qualche modo a tenere le cose a galla, e a un certo punto riceve una telefonata da Google. Che nel febbraio del 2003 compra Blogger e Blogspot, e il loro milione di utenti (crescevano in fretta, come vedete).
Per un’intera generazione, scrivere su un blog è diventato l’unico trampolino di lancio possibile. Per alcuni, come Andrew Sullivan o Arianna Huffington, scrivere su un blog è stato un modo per costruirsi una carriera. Per altri magari è stato una disgrazia: ha fatto fallire il loro matrimonio o ha compromesso la loro professione. Alcuni, pochissimi, ci hanno fatto un sacco di soldi.
Dieci anni dopo, Blogger è uno dei pilastri di Google. Non è più il massimo della novità in rete, certo, ma le cose comunque non vanno affatto male. Ogni minuto 270mila parole vengono scritte su Blogger. Sono 388 milioni di parole al giorno. Se tutti i post sui blog di Blogger dovessero essere contenuti in libri di carta, ci si potrebbero scrivere più di tre milioni di romanzi. Un bel po’ di questa roba consiste in gente che racconta cos’ha mangiato a colazione o altri che pubblicano le foto dei loro animali domestici. Ma ne è comunque valsa la pena, scrive Newsweek, per il web e anche per Meg Hourigan ed Evan Williams. Anche perché certe cose – l’invenzione dei blog, per esempio – non accadono mai per caso, anche quando sembrano accadere per caso. Per dire: quattro anni dopo aver inventato Blogger e averlo venduto a Google, Evan Williams ha inventato un’altra cosa. Twitter.
(foto credits: Anniemole)