Il discorso di fine anno più breve della storia
Lo fece proprio Francesco Cossiga, nel 1991, per spiegare che non aveva voglia di dire niente
I giornali stanno accavallandosi a commentare la morte di Francesco Cossiga, tirando fuori dal cassetto fotografie d’epoca, testimonianze, racconti e coccodrilli che probabilmente avevano pronti da un bel po’. Ce ne sarebbero di cose da dire, su Cossiga: responsabile dell’organizzazione militare clandestina Gladio quando era sottosegretario alla difesa, ministro degli interni ai tempi della morte di Giorgiana Masi e del sequestro Moro, presidente della Repubblica più giovane ed eterodosso di tutti i tempi, fu un caso rarissimo di capo dello Stato che ricomincia a fare politica dopo la fine del suo mandato, fondando un partito decisivo nel tenere in piedi la maggioranza di centrosinistra dal 1998 al 2001. Il problema, però, con personaggi come Cossiga, è che tutto quello che doveva essere detto è già stato detto. Non scopriamo niente, oggi, né impariamo qualcosa dalla morte di Cossiga. Gli articoli in suo ricordo ci raccontano aspetti di una storia che conosciamo già: c’è poco da aggiungere.
Noi proviamo allora a raccontarvi una cosa che magari non sapete, oppure avete dimenticato. Un’altra delle cose per cui Cossiga sarà ricordato è aver pronunciato, nel 1991, il discorso di fine anno più breve della storia. Era l’ultimo anno del suo settennato, e dalla caduta del muro di Berlino in poi Cossiga si era guadagnato la fama di “picconatore” criticando aspramente i partiti politici e la prima repubblica, a suo dire compromessi dalla corruzione e inadeguati a governare l’Italia. Considerata la veemenza delle sue esternazioni, alcuni opinionisti arrivarono a mettere in dubbio la sua stabilità mentale. Nel frattempo il PCI lo aveva messo in stato d’accusa per tradimento alla Costituzione. Poche settimane prima, alla Camera, Cossiga aveva presentato un lunghissimo discorso sull’architettura dello Stato e le riforme istituzionali. Il 31 dicembre invece parlò solo tre minuti e mezzo, che impiegò a spiegare perché non aveva voglia di dire niente.