L’ultima regina d’Australia?
Si vota tra quattro giorni, si sfidano il primo ministro Gillard e il conservatore Abbott
La rapidissima campagna elettorale australiana sta per concludersi: si vota tra quattro giorni e si sfidano l’attuale primo ministro, la laburista Julia Gillard, e il candidato conservatore Tony Abbott.
L’elezione era stata indetta alla fine di luglio, a sole tre settimane dall’insediamento di Julia Gillard come nuovo primo ministro. L’insediamento non era avvenuto però a seguito di un’elezione politica, bensì come conseguenza della vittoria di Gillard della leadership del partito laburista. Così come accade nel sistema britannico, infatti, in Australia il leader del partito di maggioranza è automaticamente il primo ministro designato. Quando Gillard ha sottratto a Kevin Rudd la guida del partito laburista, gli ha sottratto anche la poltrona di primo ministro.
Tre settimane dopo, confortata da sondaggi favorevoli, Julia Gillard ha deciso di indire delle elezioni, nel tentativo di rafforzare la propria maggioranza e la propria capacità di manovra. Con l’evolversi della campagna elettorale la lotta si è fatta però più equilibrata, e oggi i due candidati non sembrano essere così lontani l’uno dall’altro. Per Gillard, il guaio principale è rappresentato dai contrasti all’interno del suo partito, che risente ancora della recente sfida tra lei e Rudd. Inoltre, l’opposizione non manca di farle notare come le sue posizioni oggi siano diverse rispetto a quelle di pochi mesi fa, quando Gillard era ministro nel governo Rudd e ne lamentava la scarsa efficacia.
Gillard può puntare sui buoni risultati ottenuti dai laburisti, specie nell’affrontare la crisi economica: il tasso di disoccupazione è piuttosto basso, il Paese è avviato verso il diciassettesimo anno consecutivo di crescita ininterrotta e il governo prevede di ottenere in tre anni addirittura un surplus di bilancio. Il tutto mentre gran parte delle nazioni occidentali hanno dovuto allargare a dismisura il loro debito per tamponare la crisi e stimolare la ripresa. Ci sono però altri due temi che si sono discussi in questi ultimi giorni di campagna elettorale.
Il primo è l’immigrazione. I conservatori chiedono maggiore severità nei confronti delle persone che arrivano in Australia via mare chiedendo asilo, e promettono che in caso di vittoria respingeranno indietro le barche scortandole fino al luogo di partenza oppure trasferiranno i clandestini in un’apposita struttura su una piccola isola del Pacifico: una soluzione all’italiana, diciamo. Il partito laburista non ha idee così dissimili, e anche Gillard ha promesso la costruzione di un “centro di transito per rifugiati” che possa fare da deterrente nei confronti degli immigrati clandestini. L’Australia garantisce asilo politico a oltre diecimila persone ogni anno e accetta centinaia di migliaia di immigrati legali. La maggior parte dei clandestini arriva dall’Iraq, dall’Afghanistan e dallo Sri Lanka.
Il secondo è la repubblica. L’Australia infatti è una monarchia costituzionale, che ha al suo vertice la corona del Regno Unito, quindi la regina Elisabetta. Il primo ministro Gillard ha proposto di aprire un dibattito nazionale sull’opportunità di trasformare l’Australia in una repubblica, magari quando la Regina morirà e la Gran Bretagna cambierà sovrano visto che gli australiani sono “profondamente affezionati” a Elisabetta II. Niente di più lontano dai desideri del candidato conservatore Abbott, un monarchico convinto che nel 1999 si fece promotore di un referendum contro la repubblica, secondo cui il sistema istituzionale australiano funziona già benissimo così, e comunque, il progetto di Gillard ci metterà un bel po’ a essere eventualmente messo in piedi. “Visto quanto ha campato sua madre [che è morta nel 2002 a 102 anni, ndr], la Regina vivrà ancora a lungo e felicemente”.