L’OMS chiude l’allerta sull’influenza A
Non esiste più allarme pandemico per il virus H1N1: cosa c'è da imparare, per la prossima volta
Il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Margaret Chan ha annunciato nel corso di una conferenza stampa la fine dell’allarme riguardo la diffusione del virus H1N1, causa dell’epidemia di influenza A. “Non esiste più l’allarme pandemico che portò alla fase massima del sistema di allerta. Ci troviamo in una fase post-pandemica”. I vertici della OMS pensano quindi che il virus non sia in grado di provocare un’altra pandemia, sebbene possono verificarsi altri focolai in alcuni paesi e proprio in queste ore si è verificato un altro caso.
Si sono dette e scritte diverse cose sull’allarme che ha coinvolto i paesi del mondo nel corso dell’ultimo anno, su quanto sia stato giustificato e su quanto la risposta dei governi del mondo sia stata adeguata all’obiettivo di garantire la salute dei cittadini senza destare allarmismi. Rimane il fatto che siamo stati un anno in allerta a causa di un virus influenzale, e Foreign Policy ne approfitta per fare alcune riflessioni.
Abbiamo schivato un proiettile
Se guardate alle statistiche ufficiali, in effetti è difficile sostenere che l’influenza H1N1 sia stata peggiore di quella comune. Dopo tutto, l’influenza stagionale uccide centinaia di migliaia di persone ogni anno, mentre l’OMS sostiene che l’influenza H1N1 abbia ucciso poco più di diciotto mila persone. La cifra include però solo i casi confermati in laboratorio. In Africa e in Asia, milioni di casi e migliaia di morti non sono semplicemente mai stati registrati: non sapremo mai se il numero reale di morti per l’influenza A è cinque o cento volte superiore a quello ufficiale. E tutto nonostante il fatto che molte delle persone nate prima del 1960 erano naturalmente immuni.
I primi focolai ci dicono molto poco
Le pandemie influenzali sono piuttosto comuni. È la stessa natura dell’influenza a rendere imprevedibile la trasmissibilità del virus, che può saltare le specie, infettare una cellula già infetta da un altro virus e mutare. Il virus H5N1 nel 1997 arrivò alla specie umana direttamente dagli uccelli. Da allora ha ucciso il 60 per cento delle persone ha infettato, e non è ancora scomparso. Una pandemia del genere potrebbe cominciare domani così come tra cinquant’anni.
Non siamo ancora pronti
Dopo anni di pianificazioni e valanghe di quattrini spesi, il mondo è più pronto di quanto non lo era dieci anni fa ma non lo è ancora abbastanza. Gli investimenti dell’Occidente nell’industria dei vaccini funzionano, ma produrre abbastanza vaccini anche per i paesi sotto sviluppati rimane un problema. Lo scorso febbraio novantacinque paesi non avevano nessun vaccino contro l’influenza: zero. A giugno il governo statunitense ha buttato quaranta milioni di vaccini, per un valore di 260 milioni di dollari. Riequilibrare questa situazione sembra ancora difficile.
Il panico dei governi peggiora le cose
L’influenza suina è stata una seria minaccia, ma molti paesi hanno avuto reazioni esagerate e irrazionali. L’Egitto ucciso la sua intera popolazione suina. Singapore ha messo in guardia la sua popolazione, minacciando di mandare in carcere chi avrebbe infranto gli ordini sulla quarantena. Il Messico, luogo in cui sono cominciati i focolai del 2009, è stato severamente punito dalla comunità internazionale per la sua trasparenza: la Francia ha chiesto all’UE di cancellare i voli diretti verso il Messico, alcuni commentatori americani hanno chiesto di blindare i confini. L’economia messicana ha perso tre miliardi di dollari a causa dell’influenza. La prossima volta che un paese sarà colpito da una tale epidemia, ci penserà due volte prima di farlo sapere al resto del mondo.