Come la vede Petraeus
Le cinque cose più importanti dette oggi dal capo delle forze armate statunitensi in Afghanistan, durante l'intervista alla NBC
Il generale David Petraeus, da pochi mesi comandante delle forze militari americane in Afghanistan, è stato ospite questo pomeriggio dello storico programma televisivo Meet the press, che ogni domenica intervista un personaggio di alto profilo nella politica e nella vita pubblica statunitense.
Considerate le crescenti perplessità degli americani riguardo le possibilità di successo in Afghanistan, vari analisti e commentatori sostengono che in questa fase l’obiettivo di Petraeus con la stampa sia duplice: da una parte convincere l’opinione pubblica che la nuova strategia sta funzionando, dall’altra ridimensionare le aspettative in vista del luglio del prossimo anno, la data indicata da Obama come il punto di svolta che segnerà il ritorno a casa di gran parte delle truppe statunitensi. Durante l’intervista, il generale ha commentato però molte altre cose oltre all’evoluzione della guerra in Afghanistan, tra l’altro smentendo per l’ennesima volta di essere interessato ora o in futuro a un impegno diretto in politica. Vi segnaliamo le cinque più importanti.
Gli errori del passato
A un certo punto, alla fine del 2008, molti di noi hanno lasciato l’Iraq per dedicarsi più da vicino all’Afghanistan. Ci siamo accorti che non avevamo l’organizzazione necessaria a condurre una campagna di controinsurrezione globale, civile e militare. Quello che abbiamo cercato di fare negli ultimi diciotto mesi è stato dare per la prima volta i giusti input. In alcuni casi abbiamo dovuto costruire da zero concetti che non esistevano nemmeno.
Cosa fare con i cattivi
A meno che non si pensi di uccidere o catturare tutti i cattivi del paese, bisogna rassegnarsi all’idea di coinvolgere alcune di queste persone, cercare di farle integrare e riconciliarle con la popolazione, così da farle diventare parte della soluzione, e non parte del problema.
La data del ritiro
Obama è stato molto chiaro riguardo la necessità di cominciare il ritiro tra undici mesi, ma è stato altrettanto chiaro riguardo la necessità di un ritiro responsabile: ha indicato l’inizio di una nuova fase, che dipenderà anche dalle condizioni del momento. Non sono pressato dalla scadenza del luglio 2011, penso anzi ci dia il segnale dell’urgenza di quanto stiamo facendo. Questa guerra va avanti ormai da nove anni o giù di lì: è comprensibile la preoccupazione, è comprensibile la frustrazione.
Che fine ha fatto il mullah Omar
I leader dei talebani non sono più coinvolte nei combattimenti come erano un tempo. Ci capita spesso di imbatterci in discussioni e chiacchiere tra i militanti, ci capita di sentirli mentre si chiedono dove sono i loro anziani, perché il mullah Omar si è ritirato e non si fa sentire da mesi.
Catturare bin Laden
Pensiamo che Osama bin Laden si trovi oggi in una delle tante zone montagnosa ed estremamente tortuose del Pakistan. Bin Laden è una figura simbolica, il suo arresto rimane un importante obiettivo per chiunque sia impegnato in attività anti-terrorismo in tutto il mondo.