Prossimo round
Fini dice la ricevuta pubblicata ieri dal Giornale si riferiva a una cucina per la casa di Roma
La storia di Fini e della casa di Montecarlo si sta trasformando in una specie di incontro tra due pugili che non vanno mai al tappeto: la mattina il Giornale pubblica il risultato delle indagini del giorno prima, poi Fini risponde, il giorno dopo si ricomincia da capo, un round dopo l’altro. La cosa va avanti ormai da più di due settimane e non sembra essere sul punto di finire, anche perché la storia si va arricchendo di particolari a ogni round.
Eravamo rimasti a ieri, e alla pubblicazione da parte del Giornale di due nuovi elementi. Il primo era una ricevuta di un mobilificio romano che mostrava l’acquisto di una cucina a nome “Tulliani”. Il secondo era un’intervista a un ex dipendente di quel mobilificio, Davide Russo, sosteneva di aver visto più volte Gianfranco Fini ed Elisabetta Tulliani nel mobilificio e dice che tutti i dipendenti erano a conoscenza che quei mobili sarebbero stati destinati a una non meglio specificata “casa a Montecarlo”. Quello che rende bizzarra la testimonianza di Russo è il fatto che questo si sia licenziato pur di raccontare i fatti al Giornale, visto che il mobilificio ha imposto il silenzio ai suoi dipendenti. Già ieri Benedetto Della Vedova affermava che la cucina riportata nella ricevuta era troppo grande per entrare nella casa di Montecarlo (sebbene l’esatta metratura della casa di Montecarlo non sia nota: chi parla di 45 metri quadri e chi di 70, per una casa composta da salone, due camere, cucina, bagno e balcone), altri sostengono che quella cucina serviva per la casa di Fini e Tulliani a Roma.
Oggi il Giornale rilancia con altri due colpi. Il primo è un’intervista a una persona che dice di aver visto Fini e Tulliani nella casa di Montecarlo molto tempo dopo la cessione dell’immobile alla misteriosa società offshore. Il Giornale ha già pubblicato simili interviste in passato, ma questa è la prima a non essere anonima: il quotidiano scrive che l’uomo si chiama Luciano Care, è italiano e fa l’imprenditore a Monaco, dove vive da 13 anni gestendo una società di import-export. L’uomo sostiene che il prezzo a cui la società offshore ha comprato la casa da AN è “un grandissimo affare” e che nel condominio ha incontrato Gianfranco Fini a novembre del 2009.
Frequentando Palais Milton, le è capitato di incrociare il presidente della Camera?
«L’ultima volta è stato agli inizi del novembre 2009 e in quell’occasione non mi pareva che l’onorevole Fini fosse così meravigliato, anzi era molto rilassato e disponibile».Ricorda la data precisa?
«Era durante il ponte dei morti, quando Monaco è piena di italiani in vacanza».Fini era solo?
«No, con la signora Elisabetta e il cognato. Stavo accompagnando a casa il mio amico quando li abbiamo visti uscire. Ci siamo stretti la mano, un contatto che ricordo molto bene».Fini aveva la scorta?
«No e la cosa mi ha sorpreso molto. Mi aspettavo che uno come lui, presidente della Camera, avesse un codazzo di guardie del corpo. Invece erano soltanto loro tre sull’uscio di casa»
Inoltre, il Giornale oggi fa notare un aspetto che era passato inosservato degli otto punti diffusi domenica scorsa da Fini in risposta al Corriere della Sera, che gli chiedeva di fare chiarezza. Il presidente della Camera scriveva infatti che “la vendita dell’appartamento è avvenuta il 15 ottobre 2008 dinanzi al Notaio Aureglia Caruso e sulla natura giudica della società acquirente e sui successivi trasferimenti non so assolutamente nulla”. In realtà, come avevamo scritto anche sul Post, la vendita dell’appartamento da AN alla società offshore non avviene il 15 ottobre 2008 bensì l’11 luglio 2008. Il 15 ottobre la società offshore Printemps vende la casa a un’altra società, uguale in tutto e per tutto a Printemps, che sarà quella a dare poi in affitto la casa a Giancarlo Tulliani. Anche il nome del notaio è sbagliato, e si riferisce alla seconda vendita: quella in cui AN non c’entra più nulla.
Il presidente della Camera ci spieghi. Ci spieghi anche, se può, quel che lui stesso ha scritto nella celeberrima nota difensiva in 8 punti di domenica scorsa e che suona come un’involontaria confessione. Afferma, nero su bianco, la terza carica dello Stato: «La vendita dell’appartamento è avvenuta il 15 ottobre 2008 dinanzi al notaio Aureglia Caruso e sulla natura giuridica della società acquirente e sui successivi trasferimenti non so assolutamente nulla». Bene, questo è semplicemente falso. L’appartamento di Boulevard Princesse Charlotte fu ceduto da An alla società Printemps l’11 luglio 2008 nello studio del notaio Paul-Louis Aureglia. Il 15 ottobre 2008 la casa dell’eredità Colleoni passò, davanti a un altro notaio (Aureglia Caruso, per l’appunto), dalla Printemps alla società «gemella», con sede nello stesso edificio dello stesso paradiso fiscale, che poi l’affitterà al «cognatino». Fini, secondo le sue parole, non poteva saperlo. Eppure lo scrive.
Intanto, mentre Fini e il Giornale continuano a darsele, prosegue l’inchiesta aperta dalla procura di Roma in relazione alla denuncia presentata da Francesco Storace. Il Corriere della Sera racconta che il procuratore ha deciso di rivolgersi a un esperto di stime immobiliari per chiarire l’esatto valore della casa di Montecarlo, e chiarire quindi se qualcuno lucrò sulla cessione. Si attende ancora da Montecarlo la risposta alla rogatoria internazionale presentata dai giudici per scoprire chi si cela dietro le misteriose società offshore, così da “svelare una volta per tutte il tortuoso percorso che ha portato poi proprio Giancarlo Tulliani, il «cognato» di Fini, a prendere in affitto l’appartamento”.