La Norvegia vuole salvare lo Swaziland
Il governo norvegese ha annunciato il suo impegno per cercare di portare la democrazia nel paese africano
Ieri il governo norvegese ha annunciato il suo impegno per cercare di portare la democrazia nello Swaziland, l’ultima monarchia assoluta rimasta nel continente africano. Lo Swaziland è una piccola nazione dell’Africa del sud che confina a ovest con il Sudafrica e a est con il Mozambico. Ha una superficie totale di poco più di 17 mila kmq e non ha nessuno sbocco sul mare. Il re Mswati III ha tredici mogli e decine di BMW, mentre il 70 per cento della popolazione vive con poco più di 50 centesimi al giorno ed è martoriata dall’AIDS.
Mswati è accusato di ripetute violazioni di diritti umani e di avere arrestato molti attivisti democratici. Ieri i suoi oppositori, durante un incontro in Sudafrica organizzato proprio dal governo norvegese, sono tornati a parlare anche del problema AIDS: il regime monarchico sarebbe infatti del tutto impreparato a contrastare la diffusione della malattia. Finora l’unico rimedio messo in atto da Mswati è stata l’introduzione nel 2006 della cosiddetta legge della castità, che impone alle donne di non avere rapporti sessuali fino al compimento del ventiquattresimo anno di età.
Anche alcuni rappresentanti della Croce Rossa e dell’Unione Europea ieri hanno partecipato all’incontro. Amadou Traore – rappresentante diplomatico per l’Unione Europea in Swaziland – ha assicurato che il futuro del paese è una delle maggiori preoccupazioni di Bruxelles. E ha ricordato che lo scorso giugno fu proprio l’Unione Europea a condannare la morte di un giovane attivista che era stato arrestato durante una manifestazione solo perché indossava una maglietta con il simbolo di un movimento che lotta per la democrazia. Le autorità dello Swaziland hanno sempre sostenuto che il ragazzo si era impiccato in carcere in seguito all’arresto. L’Unione Europea aveva chiesto che fosse condotta un’inchiesta ufficiale sul caso e il governo aveva accettato, promettendo di rendere pubblici i risultati alla fine di giugno. Da allora non si è saputo più niente.
L’ambasciatore norvegese Hildan ha paragonato l’impegno per lo Swaziland a quello che la Norvegia garantì durante la lotta contro l’apertheid in Sudafrica. Ma ha anche aggiunto che per il momento il governo norvegese non sta considerando la possibilità di adottare delle sanzioni, e che cercherà prima di tutto di ottenere l’apertura di un dialogo tra governo e opposizione.
Mswati III prese il potere nel 1986 – a soli diciott’anni – quattro anni dopo la morte del padre Sobhuza II. Nel 2006 ha concesso l’introduzione di una Costituzione che prevede il Parlamento ma gli affida un potere esclusivamente consultivo e vieta i partiti politici. Anche criticare il re costituisce un reato. Le forze di sicurezza sono state accusate di avere ucciso molti oppositori del regime. Al momento due attivisti sono in carcere con l’accusa di avere orchestrato una serie di attentati, ma molti osservatori internazionali sostengono che le esplosioni sono state solo una messa in scena della polizia per incastrarli.
La settimana scorsa la stampa sudafricana aveva dato molto risalto alla notizia del cinematografico tradimento della sua dodicesima moglie, la 22enne Nothambo Dube. La regina si travestiva da soldato e raggiungeva il suo amante in un hotel a pochi chilometri dal palazzo reale. Lui, Ndumiso Mamba, amico d’infanzia del sovrano e ministro della Giustizia del regno dello Swaziland, è stato costretto alle dimissioni. A scoprire la relazione clandestina sono stati i servizi segreti del re che hanno seguito la regina durante un periodo di assenza del marito, in viaggio a Taiwan. Giovedì l’annuncio del primo ministro Sibusiso Dlamini: «Abbiamo parlato e il ministro della Giustizia ha subito presentato le dimissioni». Ora rischia anche di essere espulso dal regno, mentre la regina potrebbe essere costretta a tornare a vivere con i genitori. Entrambi inoltre potrebbero essere costretti a offrire come risarcimento una mandria di mucche. Poco tempo fa anche uno speaker del Parlamento era stato costretto alle dimissioni per avere avuto una relazione con un’altra delle mogli di Mswati.