Che cosa ha detto Montezemolo
Niente, anzi: che Berlusconi dovrebbe governare fino alla fine della legislatura
Effettivamente era l’ultimo personaggio che mancava alle sceneggiate di questi giorni. C’è il presidente tradito e arrabbiato e c’è l’alleato dissidente e riottoso, ci sono i duri che vogliono il voto, da una parte e dall’altra, ci sono quelli che vorrebbero evitare le elezioni, e poi c’è chi si sfrega le mani per la possibile nascita di un terzo polo. Mancava, fino a questo momento, proprio l’uomo che questo eventuale terzo polo dovrebbe guidarlo, e quindi nella frenesia approssimativa e noiosa della politica italiana è comprensibile che oggi, in seguito alla pubblicazione di un editoriale sul sito di Italia Futura, tutti si siano dati un gran daffare a commentare le-parole-di-Montezemolo.
Cominciamo da un punto: volendo essere precisi, Montezemolo non ha detto niente. Tutti i politici, soprattutto del PdL, che in queste ore hanno “risposto a Montezemolo”, facevano in realtà riferimento a un editoriale non firmato pubblicato sul sito di Italia Futura, fondazione diretta da Andrea Romano e promossa dallo stesso Luca Cordero di Montezemolo. Ora, sebbene quest’ultimo è tutto meno che estraneo alla fondazione e alle sue posizioni, considerare i contenuti dell’editoriale al pari di veri virgolettati – “Montezemolo: Berlusconi delude” si legge un po’ dappertutto – è come mettere direttamente in bocca a Fini le cose pubblicate sul sito della Fondazione Fare Futuro. Realistico ma improprio.
In ogni caso, diversi esponenti del PdL hanno risposto irritati sfidando Montezemolo a “scendere in politica”, dando quindi seguito all’interpretazione di cui all’inizio dell’articolo per cui lo scopo dell’editoriale di Italia Futura sia proprio lanciare l’ex presidente della FIAT come possibile presidente, a capo di un governo di transizione. Magari è davvero così, va’ a sapere: intanto però registriamo che nell’editoriale di Italia Futura non si nomina nemmeno una volta né Montezemolo né tanto meno l’eventualità di risolvere la crisi in corso con un governo di transizione. Anzi: c’è scritto l’esatto contrario.
L’editoriale è molto critico nei confronti del governo e dello stesso Berlusconi, rei non soltanto di aver conseguito scarsissimi risultati nell’amministrazione del Paese ma anche di guardare all’eventualità delle ennesime elezioni anticipate con aria “elettrizzata”.
Paradossalmente, la prospettiva delle elezioni sembra elettrizzare proprio chi dovrebbe viverle come una sconfitta e invece spera che i 600.000 promotori della libertà e i milioni di leghisti pronti a mobilitarsi possano far dimenticare che la più ampia maggioranza della storia repubblicana si sia sciolta come neve al sole. Evidentemente, si ritiene che esistano gli ingredienti per un nuovo successo elettorale. Primo fra tutti l’identificazione di chi ha assassinato il governo, il responsabile unico del fallimento di un’altrimenti straordinaria stagione politica. E’ successo nel ’94 con Bossi, nella legislatura 2001-2005 con Casini e sta accadendo ora con Fini. Non è che Berlusconi non abbia motivi legittimi di lagnanza, ma saper gestire gli alleati (anche quelli riottosi), rispettare le istituzioni (o altrimenti riformarle) e contribuire a tenere il livello dello scontro politico entro limiti accettabili (anche in presenza di un’opposizione che conta poco su sé stessa e molto sulle inchieste della magistratura) sono qualità che non dovrebbero difettare a chi è ormai da quasi un ventennio un uomo politico. Berlusconi è stato uno dei più capaci imprenditori italiani e sa bene che, alla fine, dopo tutte le chiacchiere e le attenuanti, un leader si misura sulla base dei risultati. Questi, nel giudizio dei cittadini, sono deludenti e ciò conterà nella valutazione del suo operato più di tutte le elezioni vinte per difetto di concorrenza, grande capacità comunicativa e straordinari mezzi organizzativi e mediatici.
Il testo si conclude quindi con l’auspicio della fondazione, che è chiaro: Berlusconi continui a governare – ne ha il “dovere” – possibilmente fino alla fine della legislatura. Se non ci riesce, allora si vada a votare: ma quello sarebbe un guaio.
Se la storia recente dell’Italia ci insegna qualcosa è che andare alle elezioni, tanto più con questa indecorosa legge elettorale, non risolverà alcun problema. Perderemmo solo altri sei mesi in un momento cruciale per il paese e in un contesto economico internazionale tutt’altro che stabilizzato. Berlusconi, Fini e Bossi (il quale è spesso apparso essere qualcosa in più di un semplice alleato di governo) hanno dunque il dovere di chiudere uno scontro istituzionale che non è degno di un paese civile, di ricompattare la maggioranza sulla base di un programma anche minimo di riforme essenziali per i cittadini e di completare la legislatura. Se, al contrario, sceglieranno la via della rottura e delle elezioni, venendo meno agli impegni presi con gli italiani, saranno pienamente responsabili delle conseguenze, imprevedibili e potenzialmente gravissime, che un’ennesima stagione di scontri e di veleni potrà avere su un paese ricco di speranze e talenti ma sempre meno capace di guardare con fiducia alla politica e alle istituzioni.
Insomma, siamo dov’eravamo qualche giorno fa. È agosto, fa caldo e la politica italiana si dimena in un accavallarsi di frasi e frasette: ogni mattina comincia uno diverso, tutti gli rispondono e si arriva stancamente alla sera con un po’ di materiale per le redazioni. Intanto non succede nulla.