Lo sciopero in Cina contro la fabbrica di Prato
La Stampa racconta la protesta degli operai di Shanghai dipendenti dell'azienda del sindaco Cenni
Tra le notizie delle recenti prime esperienze di proteste sindacali in Cina, arriva oggi – raccontata dalla Stampa – quella che riguarda un’azienda tessile di Prato che fa capo al più famoso marchio Sasch, di cui è azionista di maggioranza il sindaco di Prato Roberto Cenni. Secondo la Stampa, però, la questione è complicata e sospetta.
Settanta dipendenti cinesi dell’azienda tessile Txy, controllata dall’italiana Sasch, che scioperano a casa loro, a Shanghai, perché rimasti senza stipendio. Recapitando una lettera alle autorità di Roma «perché ci aiutino a recuperare gli stipendi che la Sasch non ci ha pagato», come spiega Wang, uno dei lavoratori. Strano, molto strano un comportamento così in Cina.
In Cina «dove la sensibilità allo sciopero è pochissimo sviluppata per evidenti motivi», spiega una fonte qualificata. «Dove l’unico sindacato è quello di stato, dove se non vieni pagato anche solo un mese te ne vai perché altrimenti non sapresti come mangiare e dove quasi tutti gli operai, impiegati nel sottobosco del tessile, sono analfabeti o quasi». Insomma difficile non vedere dietro alla protesta davanti al The Center di Shanghai, che ospita gli uffici Ice e il Consolato italiano, una qualche regia politica. Non foss’altro perché Sasch è un’azienda fiorentina di cui è azionista di maggioranza nonchè presidente il sindaco di Prato, Roberto Cenni (Pdl), in carica da ormai un anno. Una vittoria elettorale costruita proprio sulla lotta contro l’illegalità cinese del distretto parallelo del tessile, che ha permesso al centrodestra di espugnare una cittadina simbolo della Toscana rossa.
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