Mavi Marmara, Barak si assume la responsabilità politica
Il ministro della difesa israeliana si assume piena responsabilità politica per l'assalto in cui morirono nove attivisti filopalestinesi
Continuano le testimonianze nel corso dell’inchiesta del governo israeliano sull’assalto dello scorso 31 maggio alla Mavi Marmara, la nave turca in cui nove attivisti filopalestinesi furono uccisi dall’esercito israeliano mentre cercavano di portare un carico di aiuti umanitari a Gaza. Oggi è stata la volta del ministro della difesa Ehud Barak, che si è assunto piena responsabilità politica per quanto accaduto ma allo stesso tempo ha scaricato sull’esercito le critiche sull’esecuzione della missione: «I politici hanno deciso cosa fare, la difesa israeliana ha deciso come farlo».
Barak ha spiegato che il 26 maggio la decisione di fermare la Freedom Flotilla era stata presa di comune accordo con il premier Benyamin Netanyahu e i sette ministri del foro per le questioni politiche e militari. E che tra le possibili conseguenze previste furono valutati anche potenziali “scenari estremi”. Un’affermazione che sembrerebbe contraddire quanto sostenuto ieri da Netanyahu, che invece ha dichiarato che durante quella riunione si era parlato soprattutto delle possibili conseguenze sul piano delle relazioni internazionali e che la possibilità di uno scontro violento fu solo menzionata di sfuggita: «Non furono discussi i dettagli dell’operazione, solo il possibile impatto che avrebbe potuto avere sui media. La commissione accerterà che Israele ha agito entro i confini della legge», ha detto di fronte ai cinque membri della commissione presieduta dall’ex giudice della Corte Suprema Yaacov Tyrkel.
Due osservatori stranieri stanno seguendo i lavori della commissione, che domani dovrebbe sentire il capo di stato maggiore israeliano Gaby Ashkenazi. Intanto Netanyahu ha avvertito che Israele si rifiuterà di cooperare con la commissione d’inchiesta formata dal segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon se questa chiederà di interrogare anche i militari israeliani che parteciparono al blitz contro la flottiglia. Secondo Netanyahu gli accordi presi con l’Onu non prevedevano questa opzione, il segretario generale dell’Onu invece nega di avere mai stabilito un patto di questo tipo. Una prima inchiesta condotta dalla difesa israeliana aveva concluso i suoi lavori poche settimane fa affermando che gli incidenti a bordo furono causati dal fallimento delle operazioni di intelligence e dalla mancanza di un’adeguata preparazione all’operazione.