“Wikileaks cancelli i nomi dei civili afgani”
Secondo le organizzazioni, fra cui Amnesty International, la pubblicazione dei nomi ha conseguenze "negative, qualche volta mortali"
Cinque organizzazioni umanitarie hanno chiesto a WikiLeaks di rimuovere i riferimenti ai nomi dei collaboratori della coalizione internazionale in Afghanistan per tutelarne l’incolumità.
Più volte nel corso delle ultime settimane si era parlato del rischio che la pubblicazione di documenti contenenti le identità di coloro che avevano fornito informazioni utili alle truppe guidate dagli americani potesse mettere a repentaglio le vite degli stessi informatori, divenuti così rintracciabili anche dai talebani. Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, aveva risposto alle accuse – piovute anche dai più autorevoli quotidiani britannici e americani – in maniera abbastanza evasiva.
Ora è la volta di cinque organizzazioni – Amnesty International, Afghanistan Independent Human Rights Commission, Campaign for Innocent Victims in Conflict, Open Society Institute, e International Crisis Group – che si battono per i diritti umani, che chiedono ad Assange di rimuovere i nominativi e di prestare una maggiore attenzione a dati sensibili in futuro. Nella lettera indirizzata al fondatore di WikiLeaks si legge delle “negative, qualche volta mortali, conseguenze in cui incorrono gli afgani identificati come lavoratori o simpatizzanti delle forze internazionali” e un “caldo invito a fare sì che i volontari e lo staff di WikiLeaks analizzino tutti i documenti per fare sì che quelli che contengono informazioni utili all’identificazione di individui siano emendati”.
Assange, in risposta a queste preoccupazioni, si è rivolto direttamente ad Amnesty International chiedendo che l’organizzazione non-governativa collabori al lavoro di correzione dei documenti in procinto di pubblicazione. La richiesta, assieme alla minaccia di rilasciare un comunicato stampa in cui si sottolinea il rifiuto di Amnesty a collaborare, è sembrata una provocazione che rischia di alienare le simpatie di quelli che sono sempre stati i primi alleati di WikiLeaks, ovvero i gruppi che difendono i diritti umani. A giugno dello scorso anno WikiLeaks aveva vinto un premio rilasciato proprio da Amnesty International per il lavoro di documentazione di alcuni omicidi avvenuti in Kenya nel corso del 2009.