Pliis visit Iran
Il regime iraniano ha organizzato una festa per gli espatriati, ma questa si è trasformata in un insuccesso
di Giovanni Fontana
Doveva essere un incontro per far vedere al mondo, e ai presenti, che le accuse al regime iraniano di essere retrivo e sanguinario fossero campate in aria, nient’altro che tentativi propagandistici degli Stati Uniti allo scopo di denigrare il nemico. Si è invece rivelato un doppio fiasco, che ha mostrato agli esuli ben poco di diverso dall’estremismo reazionario di Ahmadinejad, e ha attirato sul regime le ire dei più conservatori fra i sostenitori di questo governo per i tentativi di mostrare ai presenti un volto meno tradizionalista dell’Iran.
Il New York Times racconta dell’incontro organizzato dal governo iraniano per cercare di lavare l’imbrattata immagine del Paese dopo le fotografie e le notizie, che avevano fatto il giro del mondo, della violenta repressione seguita alle controverse elezioni dello scorso anno: tre giorni di tour a spese del governo per tutti gli espatriati d’origine iraniana che occupino un posto di prestigio in qualche altro Paese.
L’iniziativa era nata sotto il migliore auspicio: Ahmadinejad avrebbe dovuto tenere un discorso improntato al patriottismo, gli esuli avrebbero visto le proprie famiglie e avrebbero avuto la possibilità di visitare una località turistica a proprio piacimento; questo, inoltre, avrebbe potuto portare nella travagliata economia iraniana del richiestissimo capitale estero.
Ad aprile l’organizzatore del meeting aveva detto che l’idea dell’incontro nasceva dal fatto che “mezzi di comunicazione menzogneri al di fuori dall’Iran, con l’obbiettivo di dipingere un quadro fosco della situazione, hanno creato un’impressione sbagliata del Paese, tanto che alcuni dei nostri connazionali non hanno un quadro chiaro della nazione”, e che questo incontro sarebbe servito a emendare questa cattiva percezione.
Le cose non sono andate proprio così. Evidentemente le varie invettive contro i traditori della patria orchestrate da Ahmadinejad e i suoi hanno dato i propri frutti, ma questa volta gli si sono rivoltate contro:
Ancor prima che gli esuli arrivassero a Teheran, i contestatori li avevano condannati come voltagabbana. Alcuni religiosi si sono dichiarati offesi dell’evento musicale, che vedeva donne e uomini ballare insieme. L’incontro ha sollevato un tale turbinio di opinioni negative nei media, che il consiglio cittadino di Teheran ha rimosso tutti i poster e cartelloni che pubblicizzavano l’evento.
Ahmadinejad ha poi tenuto un discorso molto lontano dal suo stile, comprensivo di battute poco azzeccate e riferimenti volgari, tanto che il capo dello staff del Presidente è stato accusato di avere simpatie liberali e idee religiose non ortodosse.
Fotografie della performance musicale, nella quale si potevano vedere donne che indossavano il velo in maniera molto più licenziosa di quanto sia normalmente richiesto dal governo, sono state pubblicate da siti web conservatori e hanno generato sdegno. Quando alcune musiciste hanno cominciato a suonare per gli astanti, due religiosi hanno lasciato la sala in segno di protesta.
Il giornale ultra-conservatore Kayhan, considerato la voce dell’Ayatollah Ali Khamenei, ha parlato degli esuli come di persone che “considerano la Repubblica Islmanica sottosviluppata e assetata di sangue, pensano che la natura islamica del regime sia ‘problematica’ e vogliono spodestare la Guida Suprema dal suo ruolo costituzionale”.
Neanche gli stessi esuli hanno mostrato di apprezzare particolarmente le aperture di facciata che sono state loro presentate durante l’incontro e hanno dichiarato che non può certo essere un banchetto ad allentare le tensioni fra governo ed espatriati che sono ora al loro punto più basso, dopo le violenze del periodo post-elettorale. Nel 2007 il Fondo Monetario Internazionale ha classificato l’Iran come lo Stato con il maggior numero di cervelli in fuga.