Cameron parla chiaro
La strategia della franchezza del primo ministro crea qualche discussione in Gran Bretagna
I giornali inglesi si stanno domandando fino a che punto per un politico impegnato in delicate strategie diplomatiche internazionali sia lecito parlare in assoluta franchezza e libertà. Negli ultimi giorni infatti il nuovo primo ministro David Cameron ha rilasciato una serie di dichiarazioni che per molti osservatori sono considerate quanto meno imprudenti. Prima ha difeso la BP negando la legittimità dell’inchiesta del senato americano sul caso Lockerbie (la liberazione del terrorista in cui BP è accusata di avere avuto un ruolo), poi ha ridotto l’impegno britannico durante la Seconda Guerra Mondiale definendo il suo paese un “junior partner” degli alleati americani, quindi ha innervosito Israele definendo Gaza un “campo di prigionia”, infine ha scatenato le ire del Pakistan dicendo che la dovrebbe smettere di appoggiare il terrorismo, a partire dalle rivelazioni di Wikileaks. A chi gli ha chiesto conto di questa strategia così azzardata, ha risposto tranquillamente che continuerà a parlare con franchezza e ha accusato i suoi predecessori Gordon Brown e Tony Blair di essere stati troppo a lungo succubi degli Stati Uniti.
Le esternazioni di Cameron sono iniziate la settimana scorsa, durante la sua prima visita ufficiale agli Stati Uniti. Parlando del disastro ecologico nel Golfo del Messico, Cameron ha ribadito l’importanza della BP e si è rifiutato di riconoscere la legittimità dell’inchiesta del senato americano sulla liberazione del terrorista libico Abdelbaset al-Megrahi, condannato all’ergastolo da un tribunale scozzese nel 2001 per la strage di Lockerbie e rilasciato l’anno scorso per “ragioni umanitarie”. Poi è stato in visita in Turchia e dopo aver duramente criticato l’attacco israeliano alla Freedom Flotilla, ha detto che la striscia di Gaza non può continuare ad essere un “campo di prigionia” e, a differenza dei suoi predecessori, non ha fatto nessun riferimento ai terroristi di Hamas.
Ma le dichiarazioni che hanno sollevato le maggiori polemiche sono state quelle contro il Pakistan durante la sua visita in India di due giorni fa, a una sola settimana dall’arrivo in Gran Bretagna del primo ministro pakistano Asif Ali Zardari. «Dobbiamo essere molto chiari con il Pakistan» ha detto «non possiamo tollerare in nessun modo che questo paese continui a promuovere l’esportazione del terrorismo, che sia in India, in Afghanistan o da qualsiasi altra parte nel mondo». Wajid Shamsul Hasan, alto commissario del governo pakistano per la Gran Bretagna, ha commentato dicendo che le dichiarazioni di Cameron potrebbero mettere a repentaglio la solidità dei rapporti tra Pakistan e intelligence britannica. «Per combattere davvero il terrorismo avrebbe dovuto incoraggiare India e Pakistan a collaborare, e non ricorrere a un’affermazione così di parte solo per ingraziarsi il governo indiano», ha detto.
Anche in Gran Bretagna le dichiarazioni di Cameron hanno sollevato molte polemiche. David Miller, ex ministro degli esteri del Labour Party, ha detto che c’è una profonda differenza tra parlare in modo diretto e fare lo spaccone. E il ministero degli esteri si è affrettato a inviare subito un messaggio al presidente pakistano in cui si conferma che la Gran Bretagna crede fermamente che il suo governo stia combattendo i terroristi: visto che la maggior parte delle trame terroristiche hanno origine da qualche parte sul confine tra il Pakistan e l’Afghanistan, la Gran Bretagna ha il massimo interesse a mantenere buoni rapporti con Islamabad. Cameron, da parte sua, ha confermato quanto scritto nel messaggio ma ha anche ribadito che continuerà a parlare con franchezza.
In molti si chiedono allora se davvero le sue esternazioni possano essere solo considerate le gaffe di un politico immaturo e un po’ maldestro, o se piuttosto non siano parte di una più ampia strategia. Il “parlar chiaro” e rivendicarlo è stata una strategia di frequente popolarità negli ultimi decenni di politica internazionale: da George W. Bush a Silvio Berlusconi. E la Gran Bretagna non ha ancora fatto quest’esperienza, fedele a una maggior solennità diplomatica dei suoi rappresentanti istituzionali. Secondo il New York Times Cameron starebbe cercando di rafforzare la sua leadership.
Cameron sta cercando di far crescere il consenso intorno al suo partito da quando dopo le elezioni non è riuscito a formare una maggioranza da solo ed è stato costretto a creare una coalizione con i Lib Dem, coalizione che secondo molti non durerà a lungo. Se l’accordo salta e si va di nuovo alle elezioni, Cameron dovrà riuscire a recuperare voti. «È una strategia di lungo periodo» spiega Steven Fielding, direttore del Centro di Politica Britannica dell’Università di Nottingham, «Cameron ha passato la campagna elettorale a cercare di convincere la gente che era un conservatore diverso, un conservatore liberale, ma non ci è riuscito ancora».