Cosa ha detto Verdini ai pm
La versione del coordinatore del PdL: Caldoro venne poi candidato, con Carboni solo affari leciti
È il Corriere della Sera che oggi pubblica con ampio spazio – una pagina sul giornale, e il sito web inusualmente aggiornato alle sette del mattino – parti dei verbali dell’interrogatorio di Denis Verdini di l’altroieri (che in Italia raggiungono sistematicamente i giornali come se fosse normale). Mentre la Stampa ha un più breve articolo sulle “undici pagine” dei verbali. Anche Repubblica – per scelta o necessità di tempi- ha una sintesi molto più parca.
«Non conoscevo né Lombardi, né Martino. Fu Marcello Dell’Utri a portarli a pranzo a casa mia. Con lui siamo amici da una vita, è una persona carismatica. Se lui viene con qualcuno che cosa dovrei fare? Non posso certo chiedere i documenti alle persone che lo accompagnano». Così, di fronte al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e al sostituto Rodolfo Sabelli, l’onorevole Denis Verdini— indagato per partecipazione all’associazione segreta e corruzione — ricostruisce i suoi incontri con le persone che avrebbero creato un’associazione segreta per pilotare nomine e affari e cerca di scrollare da sé ogni responsabilità. La verbalizzazione— come evidenzia il suo avvocato Franco Coppi — viene effettuata a mano «e soltanto per questo motivo l’interrogatorio dura circa 9 ore».
Franco Coppi è un avvocato di lungo corso sulle questioni della politica italiana: ha difeso Andreotti e Cossiga, e il ministro Gui ai tempi dello scandalo Lockheed, tra gli altri. Prova a evitare che la lunghezza dell’interrogatorio faccia sospettare che il suo assistito avesse molto da raccontare. Su alcuni passaggi, spiega Fiorenza Sarzanini del Corriere, Verdini sarebbe sembrato poco convincente e Coppi annuncia quindi «la consegna di una memoria che potrà chiarire quei passaggi apparentemente incongrui».
Veniamo ai contenuti. Sul complotto contro Stefano Caldoro, Verdini usa come argomento a sua difesa la realtà di fatto che Caldoro venne poi candidato ignorando le accuse di quel complotto.
«Nonostante le manovre messe in atto contro Stefano Caldoro, io e Berlusconi abbiamo deciso di credere alla sua buona fede e lo abbiamo confermato candidato a governatore della Campania».
Sull’eolico Verdini avrebbe detto di «non essere mai stato interessato perché non ci capivo niente».
Ma sulla nomina di Ignazio Farris a direttore dell’Arpas ammette: «Carboni mi disse che aveva fatto una promessa e io gli dissi che andava bene. Per me non c’era nulla di illecito nel favorirlo».
C’è poi tutta la parte dei soldi, la più complicata ma anche la più pesante del carico di accuse.
I pubblici ministeri gli contestano di aver preso 2 milioni e 600 mila euro dai conti insieme al coordinatore del Pdl in Toscana Massimo Parisi dalla «Ste, Società Toscana Edizioni» senza una causale credibile. Denaro che sarebbe stato versato dalla convivente di Flavio Carboni e ciò alimenta il sospetto che possa trattarsi del pagamento mascherato di una tangente. Verdini ribatte: «Nel 2004 il Giornale della Toscana aveva problemi e si fecero avanti un paio di imprenditori per rilevare alcune quote. Entrambi non erano però nelle condizioni di poter risolvere la questione. All’epoca riuscimmo comunque a salvare la situazione. Ultimamente ci sono stati altri problemi e nel maggio del 2009 uno di loro mi presentò Flavio Carboni. Mi disse che avendo quasi 80 anni voleva creare una voce per la Sardegna, voleva usare il mio giornale e creare un inserto. Parlava anche di aprire una radio e una televisione. Di lui sapevo che era stato coinvolto nella vicenda di Calvi, ma che era stato assolto. In ogni caso in quel momento era utile perché portava soldi, quindi cominciai a riflettere sulla possibilità di una sua proposta. Mentre stavo decidendo, Dell’Utri organizzò un pranzo all’Hotel Eden e quando arrivai trovai anche Carboni. Marcello mi disse che dovevo accettare e alla fine cedetti il 30 per cento delle quote. Fu versata la prima rata da 800 mila euro ma poi cominciò l’indagine della procura di Firenze e io decisi di bloccare tutto». I magistrati gli chiedono che cosa ci ha guadagnato Carboni da questa operazione, ma Verdini esita, dice che l’affare è rimasto in sospeso perché ci sono state difficoltà. Per quanto riguarda l’operazione con Parisi sostiene invece che «si tratta di una “partita di giro” che chiarirò con una memoria».
Nelle risposte riportate dal Corriere si nota un tratto dell’approccio pubblico di Verdini alle cose della politica che qualcuno giudica banditesco e altri semplicemente non ipocrita, già mostrato in altre sue dichiarazioni precedenti. Verdini non nasconde la sua concezione della politica anche come sistema di gestione del potere e trattativa per affrontare i problemi “concretamente”: il punto è cosa vi sia di illecito e cosa no in questa gestione e in questa trattativa.
Il Corriere cita poi la versione di Verdini sugli interventi presunti sulla Corte Costituzionale.
«Nel settembre scorso c’era un attacco mediatico contro Nicola Cosentino ma Silvio Berlusconi era convinto a fare fronte. Quando però arrivò la richiesta d’arresto si cominciò a pensare a un’alternativa e mi fecero il nome di Arcibaldo Miller. Fu dell’Utri a organizzare un pranzo che doveva svolgersi a casa mia. Gli chiesi quanti saremmo stati e mi rispose quattro, cinque persone. In realtà alla fine quel 23 settembre eravamo almeno sette, otto. Dell’Utri portò Carboni e si presentò con Lombardi e Martino che io non avevo mai visto prima. C’erano anche Miller, Giacomo Caliendo e il giudice Antonio Martone. Miller diceva di essere lusingato, ma non mi sembrava convinto e infatti quando lo presi da parte per capire che cosa pensava mi resi conto che era perplesso e questo lo rendeva un candidato non affidabile. In quell’occasione si parlò effettivamente del Lodo Alfano, ma come avveniva in tutta Italia, visto che mancavano dieci giorni alla decisione. Facevamo pronostici, cercavamo di capire come avrebbe votato ogni giudice e ricordo che Martone disse che non conta come sono stati eletti i giudici della Consulta perché alla fine votano in maniera autonoma. Io non ho mai effettuato pressioni su nessuno. Martino e Lombardi li avrò visti altre due o tre volte, ma certo non avevo bisogno che loro mi dicessero che cosa fare. Sono persone che valgono poco».
Il giudizio su Martino e Lombardi è ormai condiviso, e anche plausibile. La ricostruzione di Verdini pare essere: ci vedemmo da me per discutere della sostituzione di Cosentino e della possibilità che il candidato in Campania fosse Miller. Parlammo anche della sentenza attesa sul Lodo Alfano, ma di passaggio e solo facendo previsioni.
Dal fallimento dell’ipotesi Miller si arriva poi a Caldoro.
«Quando sfuma la candidatura di Cosentino per la richiesta di arresto arrivata in parlamento e si capisce che anche Miller non può andare bene, Berlusconi decide di puntare su Caldoro. Mi arriva in forma anonima un foglio che lo riguarda dove sono annotati alcuni alberghi, un elenco di nomi maschili e le date in cui li avrebbe incontrati. Chiedo informazioni a Cosentino e lui mi dice che si tratta di roba vecchia. Dopo un po’ però torna alla carica Ernesto Sica e mi consegna un foglio simile al precedente, con qualche dettaglio in più. A questo punto informo Berlusconi e siamo d’accordo di parlarne direttamente con Caldoro per capire che cosa stia accadendo. Lo chiamo e poi lo incontro a Roma in Parlamento. Lui giura su sua moglie e sui suoi figli che sono tutte falsità, mi assicura che non ci può essere niente di simile contro di lui. Io lo riferisco a Berlusconi e decidiamo di credergli e dargli fiducia confermando la sua candidatura».
Aggiunge in conclusione Sarzanini:
In realtà fuori verbale Verdini aggiunge anche un dettaglio per dare forza a quanto ha appena raccontato: «Caldoro mi disse che semmai il suo problema potevano essere le donne e io gli risposi “Non lo dire a Berlusconi, altrimenti ti fa ministro”».