Il bavaglio pure ai libri?
La legge sulle intercettazioni impone termini assurdi e iniqui per l'obbligo di rettifica anche alla "stampa non periodica"
Il disegno di legge sulle intercettazioni approvato dal Senato il 10 giugno 2010 al momento all’esame della Camera, nella parte in cui interviene, modificando radicalmente l’articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, numero 47, introduce delle novità che suscitano gravi perplessità.
E questo già si sapeva, e le righe che aprono l’articolo nella pagina dei commenti e delle opinioni del Corriere della Sera di oggi pare di averle lette mille volte nelle ultime settimane. Ma questa volta parlano d’altro: dopo le inchieste, dopo i giornali, dopo i blog, una nuova e trascurata vittima della legge sulle intercettazioni sono i libri. La questione è simile a quella che riguarda i blog ma forse anche più complicata, come spiegano i firmatari dell’articolo-appello, un gruppo di avvocati e giuristi.
Quella che balza agli occhi di chi ha a cuore i libri, è l’introduzione dell’obbligo di rettifica anche per la stampa non periodica, non previsto dalla legge vigente.
Il sesto comma dell’articolo 8, nel testo approvato dal Senato, prevede che per la «stampa non periodica, l’autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all’articolo 57bis del codice penale, provvedono su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a proprie cure e spese su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità». La norma dà adito a numerosi problemi di non facile soluzione e, soprattutto, altera il delicato equilibrio, oggi assicurato dall’articolo 8 del testo vigente, tra i diritti di tutte le parti in gioco, quelli del soggetto interessato alla rettifica, quelli del mezzo di informazione e quelli dell’opinione pubblica ad avere un’informazione il più possibile completa e corretta.
L’entrata in vigore della norma, lungi dal garantirla, causerebbe, invece, un aumento del contenzioso fra gli interessati (autore, editore e richiedente la rettifica) al fine di trovare una corretta interpretazione ed applicazione di un dato normativo poco chiaro.
Se nel caso dei blog e di internet il problema derivante dalla sbrigativa e tranchant norma sull’obbligo di rettifica è soprattutto quello dei tempi imposti, nel caso delle rettifiche a ciò che viene pubblicato sui libri ci sono questioni pratiche di esecuzione che rischiano non solo di limitare la libertà di stampa, ma anche di complicare drammaticamente il lavoro giuridico intorno alla loro attuazione.
Mentre per la stampa periodica le rettifiche, da un lato, non possono superare «il limite di trenta righe» e, dall’altro, vanno pubblicate «in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono»; per la stampa non periodica non viene fissato alcun limite massimo alla lunghezza della rettifica, né il luogo in cui deve essere pubblicata, laddove la norma prevede un non meglio precisato obbligo di «idonea collocazione e caratteristica grafica», su una pubblicazione di terzi. Oltretutto, la pubblicazione della rettifica su «due quotidiani a tiratura nazionale» potrebbe anche non raggiungere il medesimo pubblico che ha letto la notizia sottoposta a rettifica, vanificando così la funzione di ripristino della verità propria dell’istituto.
E qui, scrivono i firmatari dell’appello per una modifica della legge, entra in gioco anche l’efficacia stessa della rettifica rispetto alle sue ragioni.
Come è noto, infatti, oggi sia la stampa periodica, sia le trasmissioni radiofoniche o televisive e, se verrà confermata la norma, anche i siti informatici, debbono veicolare la rettifica con le stesse caratteristiche e la stessa visibilità della notizia cui si riferisce (stessa pagina e stessa trasmissione): lo scopo, ovviamente, è quello di raggiungere gli stessi lettori, ascoltatori e utenti che avrebbero potuto ricevere quella notizia.
Ai sensi della disciplina vigente, notizia e rettifica hanno quindi le stesse modalità di diffusione. Con la modifica proposta verrebbe meno la necessaria coerenza tra diffusione e conoscibilità della notizia e diffusione della rettifica, con una disparità di trattamento ingiustificata e illogica fra libri ed altri mezzi di informazione.
La soluzione proposta da Paolo Guido Beduschi, Fabrizio Gobbi, Caterina Malavenda, Sabrina Peron, Giuliano Pisapia, Pietro Rescigno, Francesca Ruggieri, Francesco Sbisà, è questa:
Le esigenze che la proposta intende tutelare potrebbero meglio essere garantite, nell’interesse di tutti e senza sperequazioni penalizzanti, imponendo la pubblicazione delle rettifiche nel sito internet dell’editore e/o dell’autore (e nel solo caso in cui tali soggetti non abbiano un sito Internet prevedendo la pubblicazione sui quotidiani). Il sito potrebbe essere opportunamente pubblicizzato sul colophon di ogni libro.
Tale soluzione avrebbe poi due ulteriori vantaggi. Le rettifiche manterrebbero i loro effetti per un arco temporale maggiore e ciò a tutto beneficio del richiedente e dei suoi diritti e si eviterebbero, nel contempo, ingiustificate discriminazioni tra gli editori/autori di stampa non periodica e quelli della stampa periodica. Questi ultimi difatti non solo non hanno alcun obbligo di rettifica (poiché questo grava sul solo direttore responsabile) ma, in ogni caso e comunque, non devono sopportare oneri e costi aggiuntivi (poiché la pubblicazione della rettifica avviene nel medesimo giornale o periodico), così come avviene per gli altri mezzi di comunicazione di massa (emittenti radiofoniche e televisive, siti Internet).
In estrema sintesi, così come formulata, la norma realizzerebbe una disparità di trattamento ingiustificata ed illogica che penalizzerebbe enormemente la stampa non periodica, senza peraltro dare efficace e più duratura tutela alle altre parti in gioco (soggetto interessato ed opinione pubblica). Penalizzazione che risulta ancora più evidente, se solo si riflette sui costi esorbitanti che un autore/editore dovrebbe sopportare nel caso in cui per la medesima opera venissero richieste rettifiche plurime da parte di soggetti diversi; basti pensare alle opere a carattere enciclopedico che contengono migliaia di informazioni e notizie.
E il nuovo articolo 8 prevede, anche, che le rettifiche «devono essere pubblicate senza commento», anche quando possono essere meno vere dei contenuti che intendono rettificare; autori e editori dovrebbero perciò acquistare sui due quotidiani a tiratura nazionale che hanno pubblicato la rettifica ulteriore spazio per esporre le proprie ragioni.
Un emendamento minimo basterebbe a sanare quella che appare una vera ingiustizia.