Il gergo mafioso di Ignazio La Russa
Ieri il ministro della difesa ha definito Fabio Granata un "quaquaraquà"
Ieri il ministro della difesa Ignazio La Russa ha risposto al suo collega del PdL Fabio Granata, che aveva indicato i “professionisti dell’antimafia” del governo come il vero problema italiano. L’espressione è una citazione di Leonardo Sciascia, che Granata ha poi provato a spiegare – con qualche inciampo – in un articolo pubblicato sul suo sito. Ma anche La Russa, nella sua aggressiva risposta a Granata, ha citato Sciascia.
«Le misure disciplinari non sono mai state il mio forte. Granata lo conosco da ragazzino e a lui dico: o fa nomi e cognomi di chi, all’interno del governo, sta frenando i processi contro la mafia, o in caso contrario si tratterebbero di frasi da quaquaraquà.»
“Quaquaraquà” è appunto una parola inventata da Sciascia, messa in bocca a uno dei personaggi de Il giorno della civetta, il padrino mafioso Don Mariano. E quindi – malgrado i suoi frequenti abusi – è il modo con cui un uomo giudicato di poco valore è attaccato da un mafioso. Lo fa notare oggi Matteo Collura sul Corriere della Sera.
“Il ministro La Russa non ha ben presente la pagina del «Giorno della civetta» in cui viene usato il termine «quaquaraquà», perché, se la ricordasse, saprebbe che la scala di valori alla quale la parola appartiene è patrimonio culturale del mafioso don Mariano, non certo dell’onesto servitore dello Stato, capitano dei carabinieri Bellodi. Questo è un errore nel quale incorrono in molti, essendo ormai la classificazione dell’umanità in cinque categorie nel romanzo di Sciascia un luogo comune sul senso dell’onore coltivato dai «veri» uomini o, al contrario, umiliato dai «mezzi-uomini», dagli «ominicchi», dai «piglianculo», e — ultimi in questa mafiosa scala di valori — dai «quaquaraquà». Vero è che nel romanzo di Sciascia il capitano è considerato un «uomo» dal capomafia, ma questo non vuol dire che Bellodi abbia la medesima cultura etica del suo avversario. No, semplicemente vuol dire che egli ha il senso dello Stato, rispetta la legge anche quando il suo istinto lo porterebbe a trattare il capo mafia come un nemico vinto, come un uomo da umiliare psicologicamente e violentare fisicamente. L’onorevole Granata, dunque, ringrazi il suo collega La Russa.”
Questo è il brano de Il giorno della civetta in questione, in cui il padrino mafioso Mariano esprime il suo rispetto per il protagonista del romanzo, il capitano Bellodi.
«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, chè mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…»