Cosa dice Fabio Granata
Dall'occhio del ciclone dove si trova, il deputato ritorna sull'espressione di Sciascia e contrattacca "le cricche" nel PdL
C’è di sicuro il solito “wishful thinking” nella sopravvalutazione del caso Granata da parte dei media: la speranza che il Gran premio offra un incidente mortale si attacca addirittura alle polemiche intorno a un singolo deputato senza cariche particolari, semisconosciuto fino a pochi mesi fa. Però se non è davvero un caso, il piccolo casino intorno alle poco ortodosse posizioni di Granata nel PdL è un sintomo. E un altro granello di sabbia nell’ingranaggio del PdL che pareva non solo privo di granelli di sabbia ma persino privo di denti, tanto lisce procedevano un tempo le sue scelte.
Più ancora che con le interviste di stamattina, Granata ha risposto ieri sul suo sito, e oggi su quello del Fare Futuro web magazine, il sito della fondazione finiana, tornando a rimproverare chi se la prende con lui invece di vedere il marcio nel suo partito. Il marcio non è un’espressione sua, ma quelle che usa lui non sono più leggere.
Allo stesso modo nel Pdl a minare la credibilità del partito agli occhi dell’opinione pubblica e della gente comune, alla prese con una grave crisi economica e sociale, non sono le cricche, le consorterie, le logge che parlano di affari, denaro, potere e dossier: il vero problema siamo noi, i professionisti dell’antimafia.
Come indicano anche il titolo e la conclusione del suo intervento, Granata riflette anche sull’abuso della famosa espressione di Leonardo Sciascia sull’antimafia di maniera, ed è la parte più interessante e meno vittimistica del testo.
In questi caldi giorni d’estate, caratterizzati da aspre polemiche sulla questione morale e sulle tragiche vicende del ’92 è risuonata spesso l’accusa di professionismo dell’antimafia, lanciata sia nei confronti di alcuni magistrati che nelle polemiche interne agli schieramenti politici.
Anche nel Pdl si è fatto spesso ricorso a queste espressione per sottolineare negativamente la predisposizione di alcuni di noi a rimuovere la cultura delle garanzie e le presunzioni di innocenza costituzionalmente garantite, attraverso la sottolineatura delle responsabilità di pezzi delle istituzioni e della politica nella vergognosa e ciclopica opera di depistaggio e di occultamento della verità sulle stragi di mafia nella cornice delle trattative tra apparati dello stato e cosa nostra.
Professionisti dell’Antimafia: sono certo che chi utilizza questa espressione non ha né la conoscenza nè la memoria storica per ricordarne le origini. Cita Sciascia come creatore della metafora, ma dimentica di sottolineare o, in alcuni casi ignora, che Sciascia utilizzò questa espressione nei confronti di Paolo Borsellino poiché il grande scrittore siciliano in una prima fase non aveva compreso la portata rivoluzionaria delle metodologie d’indagine e processuali che lui e Giovanni Falcone avevano introdotto nell’azione di contrasto a cosa nostra.
Sciascia si pentì amaramente di questa polemica e, dopo la tragica morte di Paolo Borsellino, se ne scusò solennemente sia attraverso i giornali che con una missiva privata alla signora Agnese, moglie del giudice ucciso.
In realtà la ricostruzione di Granata sulla vicenda di Sciascia appare precipitosa e pro domo sua. Non solo Sciascia era morto da quasi quattro anni quando venne ucciso Borsellino, e non poté quindi scusarsi né solennemente né personalmente, ma l’opinione di Agnese Borsellino è invece questa, che piuttosto che far sospettare un ripensamento di Sciascia lascia intendere una condivisione di quel pensiero da parte di Borsellino, e di certo da parte di sua moglie:
“Aveva ragione, Sciascia aveva ragione”, ripete Agnese Borsellino, un’altra vedova di Palermo che allora non riuscì nemmeno lei a nascondere la sua sofferenza. “Anche Paolo era sconvolto, ma lo sapeva bene di non essere lui il bersaglio di quella riflessione provocatoria”
Su quella vicenda si è del resto scritto moltissimo, e per riraccontarla ancora sono necessari approfondimenti maggiori di quelli i cui si è cimentato Granata.
Aggiornamento: nella serata di domenica Fabio Granata ha rimosso dal suo testo online il passaggio evidentemente errato del suo riferimento, pur mantenendo la personale sintesi “Sciascia si pentì amaremente”.