L’allarme d’emergenza era disattivato
Uno dei capotecnici della piattaforma affondata nel Golfo ha raccontato agli investigatori le violazioni delle misure di sicurezza
L’immagine pubblica della BP, l’azienda petrolifera britannica responsabile del disastro nel Golfo del Messico, peggiora giorno dopo giorno. Non bastassero la serie di errori più e meno volontari commessi prima dell’esplosione e i ripetuti fallimenti dei lavori di riparazione, ora l’inchiesta che determinerà le colpe dell’accaduto sta raccogliendo una serie di dichiarazioni dei lavoratori della piattaforma Deepwater Horizon che stanno peggiorando la situazione della BP. Già nei giorni scorsi diversi interrogati avevano espresso dubbi sul modo in cui venivano gestiti i lavori sulla piattaforma, ma i dettagli raccontati ieri da Mike Williams, capotecnico della sezione elettronica, rafforzano sempre di più l’idea che l’esplosione che ha ucciso undici operai potesse essere evitata.
Williams, scrive il New York Times, ha dichiarato agli investigatori federali che l’allarme d’emergenza sulla piattaforma era tenuto silenzioso. La motivazione ufficiale sarebbe stata la volontà di non svegliare inutilmente i lavoratori della Deepwater Horizon a causa dell’accensione immotivata delle sirene durante la notte.
«Non volevano che la gente si svegliasse alle 3 di notte per un falso allarme» ha detto Williams. Di conseguenza, l’allarme non ha suonato nemmeno durante l’emergenza, obbligando gli operai a passarsi informazioni attraverso il sistema di altoparlanti.
Non si è ancora stabilito se l’accensione dell’allarme avrebbe potuto salvare gli undici operai morti o meno, ma di certo la sua disattivazione ha ostacolato le operazioni di evacuazione. Williams, che una settimana dopo il disastro ha denunciato la Transocean (la società proprietaria della piattaforma a cui la BP aveva appaltato i lavori), ha poi raccontato che anche il sistema di sicurezza che avrebbe dovuto eliminare le perdite di gas nel pozzo — ovvero ciò che ha poi causato l’esplosione — era stato impostato in modalità “bypass”, quindi in parte disattivato. Williams spiega che quando è andato dai suoi superiori a chiedere di azionare il sistema di sicurezza, è stato ripreso.
«No, quella maledetta cosa è su bypass da cinque anni» gli avrebbe risposto Mark Hay, il supervisore delle operazioni subacquee. «Perché vuoi far casino? È tutta la piattaforma a essere in bypass.»
Williams ha poi raccontanto agli investigatori che il sistema computerizzato della piattaforma è rimasto sempre spento a causa di un malfunzionamento. Gli operai chiamavano il computer su cui sarebbero dovuti apparire i dati “schermo blu della morte”, riferendosi al colore che appare sullo schermo quando il sistema è spento. Sarebbe dovuto essere sostituito da un nuovo sistema, cosa che non è però mai successo.
Il New York Times ricorda inoltre il rapporto confidenziale venuto alla luce la settimana scorsa che la BP aveva compilato sette mesi prima dell’eplosione.
Secondo il documento del settembre 2009, quattro funzionari della BP avevano scoperto che la Transocean, proprietaria della piattaforma, non aveva effettuato 390 riparazioni, molte di queste etichettate come “alte priorità”, che avrebbero richiesto 3.500 ore di lavoro. Non è chiaro quanti di quei problemi avesse ancora la piattaforma il giorno della catastrofe.
Diversi testimoni hanno poi affermato che nelle ultime settimane di lavoro ci sono state pressioni per velocizzare i lavori a causa del costo delle operazioni, che aveva già ampiamente superato il budget preventivato.