La terribile mezzora di Nick Clegg
Ieri per la prima volta il vicepremier ha risposto alle domande dei parlamentari al posto di David Cameron
È una convenzione: ogni mercoledì il primo ministro della Gran Bretagna va alla Camera dei Comuni dove passa mezz’ora a rispondere alle domande dei parlamentari. Si chiamano PMQ, Prime Minister Questions, e ieri per la prima volta a rispondere dal dispatch box (il nome della postazione da cui parlano i ministri nel parlamento britannico) ci è andato il vicepremier, Nick Clegg, a causa degli impegni a Washington del primo ministro David Cameron.
Nick Clegg è partito subito male, scrive il Guardian, annunciando che al più presto il governo chiuderà per sempre il centro d’immigrazione Yarl’s Wood, oggetto di polemiche per la detenzione di centinaia di bambini. Ma l’Home Office britannico — il dipartimento che si occupa di immigrazione e sicurezza — ha dovuto diramare immediatamente una comunicazione per correggere le parole del vicepremier, spiegando che verrà chiusa solo l’ala adibita alle famiglie, ma non tutto il centro.
Questo è solo l’antipasto di quello che è successo poco dopo. Quando alla fine di un duro scambio di frasi con Jack Straw – l’ex ministro degli esteri del governo Blair che decise di prendere parte alla guerra in Iraq – Clegg ha concluso così:
«Forse dovremo attendere un suo libro di memorie ma è probabile che un giorno dovrà rendere conto del suo ruolo nella peggiore delle decisioni: l’invasione illegale in Iraq»
Apriti cielo. La posizione di Clegg come leader del Liberal-democratici è la stessa da anni, ma è evidente che pronunciarla dal palchetto della Camera dei Comuni la rende una posizione ufficiale di governo. Che, di fatto, considerebbe quindi illegale una guerra a cui sta prendendo parte. Philippe Sands, avvocato di fama internazionale e professore alla University College London, ha fatto notare come una dichiarazione del genere potrebbe avere pesanti ripercussioni, aumentando le possibilità che la Gran Bretagna venga accusata di fronte a una corte internazionale.
Attraverso le parole del portavoce di Downing Street, David Cameron — che nel 2003 votò a favore della guerra — è corso immediatamente ai ripari, distanziandosi dalle parole di Clegg. Secondo le dichiarazioni del governo il vicepremier stava parlando semplicemente a titolo personale, come leader dei Liberal-democratici.
La coalizione di governo non ha espresso opinioni sulla legalità o meno del conflitto in Iraq. Questo non significa che i membri del governo non siano liberi di esprimere la loro visione personale. Quelle di oggi sono le stesse opinioni che il vicepremier ripete da molto tempo.
Immediata la controdomanda dei giornalisti: come faremo a sapere quando Clegg parlerà a nome suo o a nome del governo? La risposta del portavoce di Downing Street è stata un po’ vaga.
«Il vicepremier è libero di parlare come leader dei Liberal-democratici dal palchetto della Camera dei Comuni»
È quindi nata un’altra domanda a cui il governo dovrà rispondere: da quando esiste la convenzione costituzionale che il secondo uomo più importante del paese possa parlare dal palchetto della Camera a esprimere opinioni non del governo, ma sue?
La parte finale della dichiarazione del portavoce ha poi, se possibile, peggiorato ancora di più la situazione.
«L’inchiesta sull’Iraq sta attualmente esaminando i vari problemi che riguardano il coinvolgimento della Gran Bretagna in Iraq, comprese le basi legali della guerra. Il governo attende i risultati dell’inchiesta»
Una frase in contraddizione con la natura dell’inchiesta di John Chilcot, il consigliere che la dirige, che ha subito rilasciato una dichiarazione per specificare che sotto investigazione ci sarebbero le questioni legali che hanno portato alla guerra, ma non la legalità della guerra in sé.
«Non siamo un tribunale, nessuno è sotto processo»
Infine, la sintetica risposta di Nick Clegg ai giornalisti che gli hanno chiesto se stesse parlando come leader dei Liberal-democratici e non come vicepremier.
«Sì»