“Poesie, fantasie”
L'interrogatorio di Arcangelo Martino, terzo uomo della presunta ghenga Carboni
Dopo le anticipazioni dei giorni scorsi sugli interrogatori di Flavio Carboni e Pasquale Lombardi, oggi i quotidiani riassumono i contenuti di quello di Arcangelo Martino, il terzo uomo della presunta ghenga. Se Carboni aveva di fatto scaricato gli altri due con toni sprezzanti (“non ho nulla a che fare con quei mascalzoni”) e Lombardi aveva rivendicato come candide e “normali” le sue relazioni con giudici e politici, la linea di difesa di Arcangelo Martino durante l’interrogatorio sembra essere stata quella di dichiararsi estraneo a tutto quello che gli viene addebitato, salvo poche limpide conversazioni con i responsabili del PdL, il partito a cui appartiene. Ma i giudici non sembrano credergli e gli contestano telefonate su cui Martino mostra di cadere dalle nuvole, a quanto riportano i giornali.
«Ma quale associazione segreta, signor giudice! Semmai un’assemblea di figure e ‘mmerda. Le cose nelle carte sono poesia e fantasia…»
«Le cose lì dentro, per me sono poesie, sono fantasie», si sfoga con la giudice donna che l’interroga per rogatoria nel carcere di Napoli. Ex assessore socialista prima della bufera di Mani Pulite, coinvolto in inchieste, prosciolto o assolto tranne una condanna a tre anni di galera per concussione, oggi Martino fa il «consulente aziendale». E si definisce un uomo «vicino al Pdl», in Campania e a Roma, dove si recava a casa del coordinatore nazionale Denis Verdini: «Forse pago questo prezzo qua— si lamenta —, io sono una persona vicina al Pdl, mi occupo di supporto, di iniziative, di riforme legislative…».
Il Corriere della Sera spiega la versione di Martino dei rapporti con Carboni e Lombardi.
Li ha conosciuti attraverso i convegni, spiega. Il primo si svolse all’hotel Majestic di Roma: «Dopo ci fu questa cena conviviale, e ci siamo scambiati i numeri telefonici. “Ah, che piacere vederla”, “Mi fa piacere conoscerci!”, “Veniamo ai convegni!”, “Anche noi veniamo ai convegni!”. Da quell’occasione ci sono state, poi, delle telefonate tra di noi, ma telefonate così, niente di particolare».
Gli inquirenti romani la pensano diversamente, e Martino a volte nega perfino i colloqui in cui sono trascritte le proprie parole. Come a proposito della campagna di delegittimazione dell’aspirante candidato governatore in Campania Caldoro: «Non credo che io abbia parlato di queste cose. Poi sono fatti personali, a me non interessa quali sono le preferenze e gli orientamenti sessuali di questi qua. Si figuri un poco». Il candidato ideale del centro-destra, secondo Martino, era l’industriale Giovanni Lettieri. Quanto a Caldoro, «è amico mio, abbiamo militato nello stesso partito per oltre quindici anni. È un ottimo politico, ma lo ritengo una persona leggermente debole per affrontare problemi».
Repubblica aggiunge altri passaggi della parte dell’interrogatorio relativo a Caldoro:
Chiede il gip: «E la brutta storia di Caldoro e dei trans?». «Caldoro, trans!?», trasecola. Quindi, indignato: «È stato forse riferito a me che c’era una questione del genere? Caldoro è amico mio, dottoressa, che dice!?». Il gip legge allora un sms ricevuto da Martino l’8 febbraio. «Senta qui: “Dici a Nicola che dovrebbe uscire il rapporto Caldoro con i trans. Forse del problema ha parlato anche un pentito. Che fine abbiamo fatto. Siamo finiti in un mondo di froci, povero Berlusconi». «E questo lo dico io?». «No, lei telefona subito a Sica, sindaco di Pontecagnano e dice: “Domani pomeriggio sarà pubblico il fatto. Mi pare proprio una bella cosa». «Guardi, questo proprio non lo ricordo. Ma lo escludo proprio. Se avete le registrazioni e me le fate ascoltare…».
Lo stesso atteggiamento minimizzante Martino lo usa sulle altre manovre che gli vengono contestate.
Dall’inchiesta emerge pure che Martino e Lombardi sollecitavano informazioni (sempre sulla causa Cosentino) dal presidente della Cassazione dell’epoca, Vincenzo Carbone, e l’inquisito spiega: «Poiché li ho visti ai convegni insieme, allora confidando su questa conoscenza dicevo: “Io vado a prendere informazioni sotto il profilo procedurale”. Erano delle informazioni, un chiacchiericcio… Se lei somma due anni di conversazioni, ci sono poesie! Dottoressa, i danni che mi hanno fatto questi qua, lei manco li può calcolare, guardi!».
Idem sulla riunione a casa Verdini, come riassume Carlo Bonini su Repubblica.
«Conosco Verdini perché sono una persona vicina al Pdl. Forse pago questo prezzo qua. Mi occupo di supporto, di iniziative, di riforme legislative, per cui…». «Ma lei c´era a casa Verdini?». «Si». «E c’erano lei, Carboni, Lombardi, Dell´Utri, Caliendo, i magistrati Martone e Miller…». «No, Carboni non c´era». «Non c’era?». «No. Venne dopo. Io c’ero perché accompagnai Gianni Lettieri (presidente dell’Unione Industriali di Napoli ndr.), persona meritevole, per cui si era già manifestato l’interesse di Berlusconi di candidarlo (alla presidenza della Campania)». «E che c’entravano Martone e Miller?». «Non lo so. Lo deve chiedere a loro». «E lei perché stava la?». «Stavo da Verdini e Dell’Utri, che conosco da molti anni, per Lettieri». «E Pasquale Lombardi?». «L’ho trovato là».
«Lei poi ha parlato con Lombardi del lodo Alfano». «No». Legge allora il testo di un’intercettazione: «Eh, che figura di merda, la Corte Costituzionale. Nun cumannam manc’o cazz». Martino traballa: «E questo chi lo dice?». «Lo dice Lombardi a lei. E lei sa che dice? “Ma a paga ‘e chist eran sett, so stat semp set”. E Lombardi le risponde: “Arca’, l’ottavo nun l’amm mai truvat”. Di che cosa parlavate?». «Guardi, non so a cosa si riferisca con questi numeri». «Ai giudici della Corte, che sono 8. E poi perché avete fatto una figura di merda?». «Questo non lo so! Sono rapporti di Lombardi, non miei». Né va meglio se le domande scivolano sulle influenze di Lombardi e gli sforzi di Martino nella nomina di Marra a presidente della corte di appello di Milano. «Lombardi è e resta un “megalomano”. Prima di Natale l’ho pregato vivamente di non avere più rapporti con me».