La Lombardia tra “fotocopie” e conti in Svizzera
Si continua a parlare dei rapporti della 'ndrangheta con vari amministratori locali
La settimana scorsa, raccontando dell’operazione di polizia e carabinieri contro la ‘ndrangheta, avevamo scritto di come gli inquirenti avessero scoperto l’estensione del radicamento delle organizzazioni criminali in Lombardia e i loro intrecci con la politica locale. Sappiamo dell’arresto di Carlo Antonio Chiriaco, accusato tra le altre cose di aver agito insieme al boss Pino Neri per raccogliere voti a favore del deputato del PdL Giancarlo Abelli. Sappiamo dell’arresto dell’assessore comunale di Pavia Pietro Trivi e dell’ex assessore provinciale milanese Antonio Oliverio.
Negli ultimi giorni stanno venendo fuori altre vicende altrettanto preoccupanti sul coinvolgimento di vari amministratori locali nell’inchiesta sulla ‘ndrangheta. Quello che impressiona non è soltanto la portata delle accuse che emergono dagli atti, quanto la vastità della loro distribuzione: si fa fatica a tenere traccia di tutte le persone interne al governo della Lombardia che sono a vario titolo menzionate negli atti dell’inchiesta. Decine di persone, consiglieri provinciali e regionali, assessori. E la situazione è resa ancora più inquietante dall’atteggiamento completamente impermeabile della classe politica che guida la Lombardia: c’è un’inchiesta che avanza dubbi pesanti sulla gestione della sanità, sulla trasparenza e sulla correttezza dell’ultima campagna elettorale, in generale sul modo in cui la regione più ricca d’Italia viene governata, e in giro non succede praticamente nulla. Nessuno sembra avere intenzione di dare le dimissioni. Nessuno ammette nemmeno l’esistenza del problema, a fronte di una notevole mole di prove ed elementi. Non è successo niente.
Eppure continuano a uscirne, di storie. Repubblica racconta di come nell’informativa del nucleo investigativo dei carabinieri di Monza emerga il nome di Angelo Giammario, consigliere regionale del PdL e sottosegretario della regione Lombardia. Si parla in particolare di una telefonata tra Chiriaco e Cosimo Barranca, altro boss della ‘ndrangheta di Milano, nella quale si fa riferimento a denaro che “per il tramite di un avvocato” sarebbe dovuto “giungere a Giammario per finanziarsi la campagna elettorale 2010”.
L’allora direttore della Asl di Pavia dice: “Io ti devo dare il numero di un avvocato di Milano che è l’uomo di coso, poi tu ti metti in contatto con lui”. Barranca: “Eh”. Chiriaco: “Va bene? e gli porti unnnn … quello che puoi … quaranta, cinquanta eeee … Barranca: “Fotocopie?”. Chiriaco: “Fotocopie, va bene?… eeee dopo di che la settimana prossima andiamo a pranzo io, tu, questo avvocato eeee il sottosegretario alla Città di Milano che è appunto…Giammario, no?” Barranca: “Eh”. Chiriaco: “Eh… perché lui il coso lo fa in prospettiva per le elezioni regionali del 2010”.
I carabinieri spiegano che per “fotocopie” si intende denaro, che sarebbe dovuto giungere a Giammario “per finanziarsi la campagna elettorale del 2010”.
Quelli di Abelli e Giammario, com’è noto, non sono gli unici casi. Qualche giorno fa il PD ha presentato una mozione che chiede le dimissioni di Massimo Ponzani, consigliere regionale del PdL, dall’ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Lombardia. Anche il nome di Ponzoni compare nelle indagini della magistratura sulla ‘ndrangheta: i boss avrebbero contribuito economicamente anche alla sua campagna elettorale.
Un’altra storia è quella dell’assessore provinciale di Monza Rosario Perri: non è indagato dai pm ma le sue conversazioni compaiono agli atti. In una i boss dicono che non va preso di mira, perché «appoggiato da persone evidentemente di rispetto». In un’altra si parla apertamente di fondi criptati in Svizzera. L’intercettazione mostra il contenuto di una telefonata tra Perri e suo figlio Vincenzo. La conversazione è piuttosto lunga ma vale la pena leggerla per intero.
R. Perri: «Io, io, ascoltami bene che ti ho già spiegato l’altra volta, io ho soldi che non so cosa farmene, basta».
V. Perri: «Ho capito papà, ho capito».
R. Perri: «Eh, c’ho liquidi che io non so, io te lo dico io ho aperto pure un conto all’estero»
V. Perri: «Dove?»
R. Perri: «A Lugano, io ho aperto un conto a Lugano… e ci devo mettere questi soldi V., che cazzo me li tengo a fare in quei tubi, quanto meno poi domani se ne avete bisogno andate e li ritirate ve li prendete, adesso ci metto la firma della E. e se vuoi ci metto anche la tua quando vieni qui, andiamo su e ci metti la tua e io, io».
V. Perri: «Io in Svizzera proprio non voglio, e questa è l’ultima cosa, poi adesso che vogliono guardare tutti sti…no, se la E. si vuole accollare questi cosi bene, io mi rifiuto…omissis…».
R. Perri: «No, no, no ma io non li ho messi li, perché, perché continuare a tenerli lì io, a me da fastidio…omissis… eh, eh, e sono tutti li, sono tutti li nei tubi, nelle cose, nelle…e che cazzo…omissis…, non so cosa farmene, per questo ti dico…omissis… per questo ti dico se tu hai la possibilità di metterti da parte o di portarti lì ancora 30 – 40».
V. Perri: «No papà basta»
R. Perri: «Vabbé, sappi che tu sul tuo conto corrente qui hai quasi 100.000 euro eh».
V. Perri: «Ecco, basta, basta, perché ti ripeto non , queste cose non… …omissis.. ».
R. Perri: «Vincenzo, tu sul tuo conto corrente, intestato a te, tu ti troverai 150.000 euro».
V. Perri: :«Ho capito, ma quei soldi, da dove arrivano? chi è che li ha messi?»
R. Perri: «eh sono risparmi di dieci anni»
V. Perri: «e di chi?»
R. Perri: «di tuo padre, tuo padre te li ha lasciati».
V. Perri: «Papà la mia preoccupazione, forse tu non riesci a capire, se io fossi in Italia me ne fregherei, ma un domani se tu, ti succede qualcosa, io sono in Inghilterra, io dovrò fare i conti non soltanto con il fisco italiano ma anche con il fisco inglese, dovrò raccontare perché».
R. Perri: «te li ha lasciati tuo padre …omissis… se io ti devo trasferire legalmente legittimamente dalla mia banca alla tua banca, tramite bonifico bancario, 100,000 euro io ci impiego un minuto».
V. Perri: «adesso comunque queste cose del conto in banca, ma almeno cos’è un conto cifrato?
R. Perri: «e certo che è un conto cifrato. Ma tu non ti devi preoccupare, …incomprensibile…tutti questi soldi …incomprensibile…li estinguo tra tre quattro anni, quando ci sarà la sanatoria per rientrare i soldi dall’estero, li faccio rientrare. Tutti hanno un conto all’estero… Io ti ripeto ho regolare in Italia ho 500.000 euro e 500-600 (cinquecento-seicento mila euro) ce li ho nei tubi. Eh e di regolare io e la E. abbiamo pagato 300 mila euro per comprare casa».
V. Perri:«di regolare del tuo conto».
R. Perri: «di regolare dal mio conto…omissis…)».
V. Perri: «E ho capito ma se non la facciamo figurare da nessuna parte, poi io e il discorso è in nero come cazzo glielo faccio vedere?»
R. Perri: «Ma in nero non è…non è nero…e me l’ha dati mio padre! Me li son portati… »
V. Perri: «Ho capito ma un domani vedi che … lui ti ha detto…l’importante che la E. poi quei soldi la..comunque sia, lei un domani, si deve tenere le cedole…o cosa cazzo ha detto…per fare vedere che sono soldi che arrivando da te..»
R. Perri: «Si… »
V. Perri: «È quello che voglio dire, il problema è quello…è quello che ti ho sempre detto io, ok vengono da te a dire dove li hai presi ma io che cazzo gli dico? Cioè poi io che cazzo..tu che cazzo gli dici?»
R. Perri: «No ce li avevo io…i miei risparmi..»
V. Perri: «E si i miei risparmi…omissis…»
Nonostante la portata delle indagini – e ricordiamo che Formigoni è coinvolto anche in un’altra inchiesta, quella sulla lobby di Flavio Carboni – non ci sono state finora particolari conseguenze politiche. Anzi, diciamo pure che non sta succedendo niente. Pippo Civati ha raccontato sul Post che la politica lombarda è praticamente in vacanza.
E Formigoni? Non dovrebbe essere il primo a chiedere chiarimenti, a pretendere assunzioni di responsabilità, a invitare alla riflessione un partito – il suo – in cui sono ormai quotidiani i coinvolgimenti di rappresentanti che fanno parte della sua maggioranza? Pare abbia altre mozzarelle da pelare, siamo d’accordo, ma una reazione che sia una? Dopo Ponzoni, ex-assessore all’Ambiente, ora segretario d’aula in Consiglio, un pupillo che Formigoni ha sempre difeso a spada tratta, ora si parla di un altro collega, sottosegretario in Regione all’epoca dei fatti. Per il primo, il Pd aveva chiesto di poter discutere in aula le dimissioni, ma la mozione è rinviata a settembre, perché la maggioranza ha fatto quadrato. Un fatto a suo modo incredibile e gravissimo: la maggioranza vuole difenderlo? Venga in aula, che cosa c’è di più trasparente e corretto, sotto ogni punto di vista? Per il secondo, sarebbe opportuno che fosse Formigoni a fare chiarezza. Subito. Questa mattina. E lo diciamo non certo per interesse di parte, ma per chiedere di accendere una luce ufficiale sulle numerose ombre che accompagnano l’inizio di legislatura. La vicenda delle firme (mozzarelle) sarà anche falsa, ma perché non risponde alla domanda più semplice: lei, presidente, quelle telefonate le ha fatte? Parlo di Arcangelo Martino e della cosiddetta P3. Ce lo vuole dire, o la dobbiamo chiamare direttamente, magari al telefono?
Dice: «mettetevi nella situazione di quei giorni». Ci siamo messi, e siamo anche andati a votare, ricorderà. Ma ora vuole rispondere sulle mozzarelle e sulle inchieste di cui parlano tutti i giornali? Quando si parla di mafia, bisogna poter chiarire tutto, ben prima delle sentenze. Proprio perché non siamo giustizialisti, no, al contrario: ci piace la politica. E i politici che su certe cose non nicchiano.