The Kids Are All Right

Julianne Moore e Annette Bening interpretano una coppia omosessuale costretta a fronteggiare l'incontro con il padre biologico dei loro due figli adolescenti

di Chiara Lino

Quando il cinema (o la tv) parla di famiglie, una delle svolte narrative più abusate è quella del figlio adottivo che decide, di punto in bianco, di cercare i suoi genitori biologici, portandosi solitamente dietro un bagaglio di traumi infantili inespressi. In un contesto ricco di precedenti illustri e infiniti b-movie non è semplice, nel 2010, dire qualcosa di nuovo: ma ci è evidentemente riuscita Lisa Cholodenko con il suo “The Kids Are All Right”, che ha avuto un enorme successo al Sundance Film Festival 2010 (il festival sponsorizzato da Robert Redford e dedicato al cinema indipendente) e il 94% di recensioni positive su Rotten Tomatoes.

Il film, girato con un budget di appena 4 milioni di dollari (Cholodenko dichiara che “nessuno ha davvero visto dei soldi”), vanta un cast eccellente: Julianne Moore (Jules) e Annette Bening (Nic, la sua compagna) interpretano una coppia di donne che ha avuto due figli, Joni (la Mia Wasikowska di Alice in Wonderland) e Laser (Josh Hutcherson), dallo stesso donatore di sperma. Quando i ragazzi decidono di incontrare il padre biologico (Mark Ruffalo), che si rivelerà uno scapolo con velleità artistiche e privo del minimo senso di responsabilità, vengono a galla tutte le disfunzioni tipiche di una famiglia come tante. Racconta Salon:

Nic è un medico, estremamente motivata e vagamente dispotica, che sta scivolando in quell’educata, socialmente accettabile forma di alcolismo da quattro bicchieri di vino rosso a pasto. Jules ha alle spalle una serie di carriere e iniziative imprenditoriali fallite, e ora Nic le sta finanziando l’ultima: un business di design del paesaggio eco-consapevole. Col tempo si sono allontanate lentamente e  inesorabilmente […]. Forse non hanno bisogno di una sfida diretta alla loro stabilità familiare – e all’orientamento sessuale di Jules –  ma eccola arrivare, nella persona dell’impertinente motociclista Paul (Ruffalo), appena scopertosi padre biologico dei loro due figli adolescenti.

Mentre in Argentina il matrimonio tra persone dello stesso sesso diventa legge e in tanti stati del mondo fa ancora paura, è una donna omosessuale, Lisa Cholodenko, a conquistare la giuria e il pubblico del Sundance con una commedia su una coppia di donne omosessuali, sulla disarmante normalità della loro relazione e su come, tante volte, sia proprio l’intruso che fa paura a sistemare le cose ricreando un nuovo, più funzionale equilibrio.

Descriverei Cholodenko come una drammaturga vecchio stampo (nel senso più positivo possibile), nel cui cuore e immaginazione c’è abbastanza spazio per tutte queste persone. Ognuno dei cinque personaggi principali ha il suo posto al centro della storia; ognuno di loro commette errori tremendi ed è costretto a lottare per risolverli. Sarebbe stato facile per lei rendere Paul il divertente antagonista della storia, lo spensierato, privilegiato, attraente eterosessuale che distrugge la serena coppia lesbica. Ma Cholodenko tratteggia una delle performance migliori di Mark Ruffalo, ritraendo il personaggio di Paul come un dolce, malinconico Peter Pan la cui colpa più grave è un improvviso desiderio per qualcosa che non può avere.

Siamo abituati al comico-con-lacrimuccia tipico di tanti grandi successi del Sundance: The Kids Are All Right, nel suo riuscito tentativo di ritrarre, con delicatezza ma senza finti buonismi, i drammi di ogni famiglia normale in un contesto ancora considerato anormale, va forte. Tra le tante recensioni positive, quella di Time:

Cholodenko conduce questa famiglia lungo un percorso a ostacoli – suggerito dalla sequenza iniziale in cui lo skateboard di Laser rotola attraverso pavimento – ma completamente organico e realistico. Sembra quasi di essere presenti e partecipi ad ogni errore e passo falso e, infine, al commovente, emozionante viaggio di ritorno.

https://www.youtube.com/watch?v=DgwjTy_cohg