Cosa dice Carboni
"Neanche lei può condannare un innocente, signor giudice, che non ha nulla a che fare con quei mascalzoni! "
Il Corriere della Sera pubblica oggi passaggi e sintesi dell’interrogatorio in carcere (a Roma, a Regina Coeli) del 9 luglio di Flavio Carboni, compiuto il giorno dopo il suo arresto. Il verbale comincia così.
«Sono Carboni Flavio, nato a Sassari il 14 gennaio 1932».
«Titolo di studio?».
«La frequenza del liceo»
«Diploma di scuola media superiore?».
«No, la frequenza. Non ho conseguito il diploma ».
«Ha beni patrimoniali?».
«Non dispongo».
«Nessuno? Automobile, abitazione, niente?».
«No, li ho in uso, ma non sono miei…».
«È sottoposto ad altri procedimenti penali?».
«Sì».
«Condanne ne ha avute?».
«Sì».
Carboni, che ha 78 anni, ricorda spesso le sue difficili condizioni di salute (si sente male a un certo punto dell’interrogatorio) e nega ogni contestazione, sostenendo di non capire le ragioni del suo arresto:
«C’è questa meravigliosa, enorme, abnorme raccolta di dati dei carabinieri, ma io non mi riconosco in nessuna di queste affermazioni. Quest’Arma alla quale mi rivolgevo tutte le volte che non mi fidavo della polizia… In questo caso, probabilmente per errore, hanno raccolto dati molto diversi da quella che è la realtà »
Il modo in cui Carboni mette in discussione l’esistenza di un gruppo attivo per manipolare nomine, sentenze e appalti non è tanto di negare l’illegittimità delle sue operazioni, ma di negare che esista il gruppo, prendendo le distanze dai suoi coindagati Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi.
Carboni nega di avere legami d’affari e d’interessi con Martino e Lombardi, gli altri due arrestati. Anzi, cerca di mettere una linea di demarcazione fra loro e sé: «Per me sono due estranei, emi hanno creato solo guai, altro che complicità ». L’ex politico napoletano Arcangelo Martino, dice Carboni, «mi è stato presentato come uomo importantissimo, pieno di mezzi, di conoscenze innumerevoli», e un imprenditore non deve farsi sfuggire occasioni simili: «Quando conosco una persona importante me la coltivo, e ritengo che Martino meritasse questo tipo di interessamento». Che poi si sarebbe limitato a «qualche sporadico incontro». Il geometra e giudice tributario Pasquale Lombardi, invece, era uno che parlava troppo e a sproposito: «Uno stupido che al telefono diceva quello che a me non interessava… Io non ho mai avuto nessun rapporto di inciuci… Se poi i due soggetti, gli altri che sono incriminati, avessero altre intenzioni o avessero altre malefatte ai danni dello Stato, questo lo chieda a loro, non a me perché io con loro non ho nulla a che fare, né prima né dopo… I miei rapporti sono stati solo e unicamente quelli di ricevere richieste da entrambi, ma soprattutto da Martino, quello che frequentavo di più». Il giudice prova a controbattere che dalle intercettazioni telefoniche emergono interessi comuni e discorsi su interventi provocati da reciproche richieste, ma Carboni non si smuove: «Al Grand Hotel di Roma incontrai due o tre volte il signor Martino e gli dissi “Non mi far parlare più con quel coglione, scusi l’espressione, che al telefono mi dice queste cose”… Non ero tanto ingenuo da non immaginare, scusi sa… Io ho sempre immaginato di essere intercettato ».
Poi sul merito Carboni nega che una riunione a casa Verdini avesse come tema il giudizio della Corte Costituzionale sul lodo Alfano e la racconta invece così:
«Bellissima riunione… All’epoca bisognava nominare i candidati della Regione Campania. Miller era la persona più idonea, era considerati da Verdini la persona ideale. E perché proprio io che di politica…? Perché io avevo una certa frequentazione, soprattutto con Verdini». La candidatura del magistrato napoletano a capo degli ispettori ministeriali, spiega Carboni, interessava soprattutto Martino e Lombardi: «Essendo io più amico, probabilmente, di Verdini rispetto a Miller, potevo influenzare, potevo raccomandare. Cosa che ho fatto… che io trovo estremamente normale… Non so se ricordo bene, credo che sia stato Miller a rinunciare… Evidentemente ritenevano che io potessi influire, perché Verdini potesse convincere il dottor Miller, a cui loro tenevano moltissimo, perché accettasse la candidatura»
Anche sulla questione eolico e affari in Sardegna Carboni nega ci sia stato niente di illecito nei suoi incontri e rapporti col governatore della Sardegna, descrivendoli come ordinaria amministrazione negli interessi di un imprenditore, e peraltro infruttuosi.
«L’ho sostenuto, Cappellacci, è vero», ma poi ne avrebbe avuto solo svantaggi. Perché ha cancellato la «legge Soru», dice, che «consentiva alle grandi società di intervenire nel mondo dell’eolico». Insomma: «Da quando è stato eletto questo signore ha creato danni a tutti, non solo a me. E’ vero che è ricolmo di sorrisi, che è venuto da Verdini, è venuto a Roma, ci siamo incontrati, ma per tutto l’anno non ha fatto nessuna legge». Però ci sono telefonate in cui Carboni, dopo gli incontri col governatore, riferiva che «è andata benissimo», ma l’indagato replica: «Ecco, guardi i risultati. Meno male che è andata benissimo… ». Ci sono pure conversazioni su provvedimenti normativi che Carboni e soci dovevano preparare in bozza, per farli approvare. Risposta: «Questo è normale, mi scusi.. Per qualunque imprenditore, cosa che è successa e continua a succedere sia nel campo immobiliare che nel campo dell’energia, di qualunque iniziativa commerciale, la cosa migliore da fare è andare a trattare con il sindaco, con gli assessori, e quindi si va dal presidente… Lo facciamo tutti». E quando il giudice chiede quale fosse la ragione del sostegno di Martino a Cosentino in Campania, Carboni risponde: «Mi permetto di dire che qualunque imprenditore, dico proprio qualunque, più onesto del mondo, ha interesse a che il politico che va a governarlo sia magari suo amico, e questo non credo che costituisca reato…».
E gli estratti raccontati da Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera mostrano la versione di Flavio Carbone sui finanziamenti che riusciva ad ottenere e sui suoi investimenti.
«io, Flavio Carboni, rappresento uno che sa produrre ricchezza, cosa che è successa sempre nel passato, con 24 lottizzazioni e iniziative di tanti tipi, legali. Mi hanno dato fiducia, che si tratti di eolico, di immobiliare. Quei soldi io li potevo destinare all’eolico o anche al casinò, se poi li facevo produrre… ». E gli assegni per alcune centinaia di euro negoziati nella banca di Denis Verdini (secondo gli investigatori dallo stesso parlamentare-presidente del Credito cooperativo fiorentino) erano un investimento nel quotidiano locale Il Giornale di Toscana: «Non è la prima volta, la Nuova Sardegna era mia, sono stato socio dell’editoriale L’Espresso… Così come ho finanziato Paese Sera… E’ un mondo diverso al quale io tengo moltissimo». Stavolta ha scelto il giornale del coordinatore del Pdl: «Con Verdini c’è un rapporto molto molto intrinseco, direi molto cordiale, molto affettuoso. Naturalmente queste situazioni di questi momenti hanno creato disagi a tutti, come può immaginare, signor giudice…».
Intanto, col consueto metodo “racconto del parlamentare che lo ha visitato in carcere”, Repubblica riporta altre più generiche parole di Carboni, raccolte dall’onorevole Rita Bernardini ieri. Ma in questo caso il direttore del carcere, presente al colloquio, controlla le sue dichiarazioni sull’inchiesta in rispetto della norma che gli vieta di farne. Si parla quindi soprattutto della sua salute e dei libri che legge.
«Ma come può sentirsi uno sequestrato che sta dentro senza sapere perché? Ho saputo di questa P3 dai telegiornali, ma non so cosa sia. Di che cosa mi accusano? Di avere forse partecipato a qualche convegno di magistrati?»
Una mia azienda del Nuorese – spiega con orgoglio – produce un prosciutto crudo di altissima qualità perché è quasi del tutto privo di colesterolo. Tutti i personaggi famosi che ho conosciuto e che conosco ne hanno avuto uno in omaggio. E tutti l’hanno apprezzato»
«Sono un grande imprenditore, ho costruito molto in Sardegna. Produco un prosciutto di grande qualità. Ma di questa P3, credetemi, non ne so nulla»