«Se Carboni inizia a parlare…»
L'intercettazione più inquietante di oggi l'ha scovata la Stampa
Le frasi pronunciate al telefono dai membri della lobby di Flavio Carboni che stiamo leggendo in questi giorni vengono da alcuni verbali dei carabinieri – e dalle note informative allegate – relative a un’inchiesta ancora in corso. Si tratta di decine di migliaia di pagine: alcuni scrivono diecimila, altri quindicimila, altri ancora ventimila. Fatto sta che nelle redazioni non hanno ancora finito di leggerle, e quindi per qualche giorno ancora dovrebbero saltare fuori nuovi passaggi. Prendete la storia di “Cesare”, il soprannome che usavano i quattro della lobby per riferirsi a Berlusconi: ieri l’aveva raccontata soltanto l’Unità (poi ripresa dal Post), oggi è su tutti i quotidiani.
L’intercettazione più inquietante oggi l’ha scovata la Stampa, è datata 14 aprile 2010 ed è una delle ultime trascritte dai carabinieri. Al telefono si parlano due soci d’affari di Flavio Carboni.
«Se Carboni inizia veramente a dire la verità sono cazzi di troppi, quindi sai… A questo punto, per la prima volta, gli prudono veramente le mani e la bocca… Nonché il ruolo di Martino.. Io e te sappiamo molto di più… Cioè: vadano a vedere le cose vere, mica le cagate, il convegno dei magistrati, ordire delle trame… Possiamo dirglielo noi cosa possono andare a cercare con Martino… Voglio dire, sappiamo che figura è, ma soprattutto di chi è veramente…»
Gli investigatori spiegano che i due si riferiscono sia alle notizie diffuse dai giornali sull’indagine che a “informazioni riservate in possesso di Carboni”. E la Stampa riassume allora alcuni affari in cui Carboni era coinvolto – oltre a quello sull’eolico – per cercare di capire quali sono le cose che sa e che, secondo i suoi soci, farebbe meglio a tenere per sé.
Le ferrovie
La Stampa scrive che Flavio Carboni “stava cercando di entrare nel progetto per la riqualificazione delle stazioni di Ferrovienord, società quotata in borsa, con azionista di riferimento la Regione Lombardia”. Carboni lo faceva attraverso una società che si chiama HGP, ma a un certo punto un suo collaboratore commette una leggerezza che lo preoccupa: spedisce un fax che non doveva spedire.
Un fax in cui si fa esplicito riferimento a 30 mila euro «a riprova degli impegni assunti da HGP, anche nella fase propedeutica alla stipula dell’accordo». Ed ecco Carboni che si sfoga con il socio Riccardo Piana, in quella che sembra quasi una confessione in diretta: «Ma io non l’ho letto, se l’avessi letto non l’avrei… Non sarebbe partito! Se si parla di soldi, di cose così, è un errore grosso. Bisognava rispondere! Ma non minacciando! Si parla anche di cose date?». Piana: «Si parla di tutto». Carboni: «Eh.. Ho capito, quello è un reato, scusami eh…». Piana cerca di rassicurarlo: «Bisogna distruggere tutte le copie, soprattutto non le devi avere neanche tu». Scrivono gli investigatori: «Emerge un quadro indiziario grave, circa l’esistenza di un probabile ulteriore fatto corruttivo…». Sempre Carboni, a proposito di un altro affare, mentre parla al telefono con Arcangelo Marti- no: «Sto lavorando.. Stiamo chiaman- do… Piuttosto mi hanno comunicato.. Dice che l’accordo con Edilnord è sal- tato». L’Edilnord è la società di Paolo Berlusconi.
La banca di Verdini
I carabinieri stanno investigando anche su diversi movimenti di denaro che vedono al centro il Credito Cooperativo Fiorentino, la banca presieduta da Denis Verdini. Il primo ottobre del 2009 un milione di euro viene trasferito nella banca di Verdini a un conto intestato alla moglie di Carboni. Con parte di quei soldi vengono emessi alcuni assegni circolari a nome di Giuseppe Tommasetti: la Stampa scrive che “quei soldi sono vitali per mandare avanti il progetto, servono per oliare i meccanismi e organizzare convegni”.
Così Carboni a Tomasetti dopo l’operazione bancaria: «Ho dato cose tue… Ho dato a Denis, capito? Ti ringrazia, ti vuole conoscere, l’onorevole…». Flavio Carboni tiene i rapporti con la politica. Definisce Marcello Dell’Utri: «L’amico nostro Marcello». È lui che muove i soldi.
La camorra
Già nei giorni scorsi erano emersi legami e convergenze d’interessi tra la lobby di Carboni e la camorra. Secondo varie ricostruzioni Carboni intratteneva “rapporti d’affari con Pasquale De Martino”. Nei verbali gli investigatori scrivono che
«Sono emersi indizi consistenti in ordine all’esistenza di interessi comuni fra appartenenti alla criminalità organizzata di origine campana (con particolare riferimento al clan Sarno) e alcuni personaggi romani fra i quali De Martino Pasquale». Si occupa di scommesse online. Ed è l’uomo che, in una telefonata, dice: «Dobbiamo far finta che Flavio ha avuto un prestito». E qui la camorra non sembra più soltanto uno spettro.