In difesa della vecchia rassegna stampa
Il Secolo si schiera dalla parte di Massimo Bordin e Corradino Mineo
Oggi che le rassegne stampa sono diventate da una parte ancora più indispensabili – in mezzo all’immensa mole di contenuti a disposizione, e al Post ne sappiamo qualcosa – e dall’altra più moderne, versatili, declinate sulla rete e i suoi modi, due stimati baluardi di rassegne stampa all’antica rischiano di sparire. Sono rappresentati da Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale e adorato titolare del programma “Stampa e regime” e Corradino Mineo, direttore di RaiNews24 che ha nella rassegna stampa uno dei suoi servizi più seguiti.
A farsi ambasciatrice delle preoccupazioni degli ascoltatori per le annunciate scomparse dei due programmi – per divergenze con Marco Pannella il primo, per spoil system il secondo – è oggi Federica Perri in prima pagina sul Secolo.
Ma chi ce li legge, adesso, i giornali la mattina presto? Massimo Bordin (forse) non più: si è dimesso da Radio Radicale, ha pubblicamente chiesto a Marco Pannella di rimanere titolare della rassegna stampa, ma non risultano risposte chiare sul punto. E rischia di sparire pure l’altra rassegna stampa “di riferimento” per chi è interessato alla politica, quella di Corradino Mineo (RaiNews24), che secondo l’associazione Articolo 21 sta per essere sostituito nel suo ruolo da «un esterno gradito alla Lega». La rassegna di Mineo, ben fatta e molto equilibrata, peraltro era stata già spedita sul digitale da qualche settimana, diventando invisibile per quelli che non se la cavano troppo bene col doppio telecomando.
Perri sa che una rassegna stampa non la si fa solo leggendo i giornali, ma soprattutto spiegandoli.
Nel fracasso della «troupe viaggiante» del piccolo schermo o di certa politica che le dirette di Radio Radicale raccontano ogni giorno in presa diretta, la “finestra” dedicata ai vecchi, bistrattati “media di carta” gestita da Bordin e Mineo era (è, speriamo) uno spazio di riflessione con un pò di “sguardo laterale”: non solo il circo delle emergenze quotidiane, ma anche l’approfondimento, il background storico dei personaggi, il contesto culturale e politico, il prima e il dopo. Mica ce li leggono (leggevano) solo, i giornali: ce li spiegano (spiegavano) e ce li correggono (correggevano) pure. Non è che se arriva uno nuovo riesce a fare la stessa cosa. Così, senza voler interferire in nulla, ci permettiamo di dire: cari radicali, cara Rai, non potreste cortesemente ripensarci?
E incrociamo le dita sulla sopravvivenza di Prima Pagina su Radio Tre.