L’Uganda, dopo gli attentati
Che cosa c'entra la Somalia e perché quello che succede lì dovrebbe interessare l'Occidente
Si inizia a ragionare del significato e delle conseguenze degli attentati di ieri in Uganda, dove due esplosioni hanno ucciso 64 persone, ferendone oltre 71. Questo pomeriggio è arrivata l’attesa rivendicazione da parte degli estremisti islamici somali di al Shabaab, un gruppo affiliato ad Al-Qaida che aveva già minacciato in passato l’Uganda a causa della sua forza di pace inviata in Somalia a sostegno del governo di transizione di Sheikh Sharif Ahmed, impegnato da anni in una guerra contro i ribelli islamici. La CNN ha fatto cinque domande a questo proposito ad Alex Vines, analista del centro studi britannico Chatham House.
Perché l’Uganda è importante?
Storicamente, l’Uganda è stato importante per le esportazioni di caffè e per la pesca nel lago Victoria. Ora che è stato trovato il petrolio, però, l’Uganda può diventare in breve tempo un importante esportatore di greggio, forse il più importante dell’area. Quindi c’è parecchio interesse internazionale, non solo da parte dell’Occidente. L’accordo stretto qualche tempo fa con la Tullow Oil sembrava aver relegato la francese Total e la cinese CNOOC a un ruolo da comprimari, ma ora questi attentati possono avere grosse implicazioni globali.
Questi attacchi allontaneranno gli investitori?
Penso che gli investitori saranno molto più attenti nei loro investimenti e faranno valutazione dei rischi più severe di quelle fatte in passato. Si muoveranno dove pensano sia sicuro lavorare per i loro dipendenti e li metteranno in guardia sul come comportarsi in giro, ma non penso proprio che interromperanno del tutto i loro investimenti.
L’Uganda ha un passato caratterizzato dalla violenza?
La storia recente dell’Uganda ha visto un conflitto non molto intenso collegato all’attività dell’Esercito di resistenza del signore, negli ultimi anni molto ridimensionato. Ci sono stati alcuni sporadici episodi di terrorismo nel nord dell’Uganda, ma niente in confronto a quanto abbiamo visto la scorsa notte.
L’Uganda in questo momento fa parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU ed è quindi destinato a giocare un ruolo particolarmente importante su questioni come le sanzioni all’Iran e alla Corea del Nord. Era questo l’obiettivo degli attentati, condizionare il ruolo internazionale dell’Uganda?
Penso che l’Uganda sia stato considerato un obiettivo per via del suo impegno in Somalia. L’Uganda fa parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU ma dovrà lasciare il seggio alla fine dell’anno, quindi si tratta di un tema piuttosto transitorio. Di certo l’Uganda si vede come un giocatore molto importante nell’area: ha avuto un ruolo determinante nel fare pressioni sull’ONU per approvare le sanzioni contro l’Eritrea, quindi il suo attivismo gli ha permesso di farsi molti amici ma anche parecchi nemici.
Cosa ci dicono questi attacchi?
Se gli islamisti radicali di Al Shabaab sono coinvolti [lo sono: nel frattempo è arrivata la rivendicazione, ndr], si tratterebbe del loro primo attacco fuori dalla Somalia. E quindi verrebbero dimostrate le loro capacità di colpire obiettivi fuori dal loro paese. È importante capire che la Somalia non è uno stato organico, monolitico. Ci sono ancora terribili violenze nel sud del paese ma a Mogadiscio e nel Somaliland la situazione è piuttosto stabile e tranquilla. Il Somaliland è una regione complicata [è una regione autonomista che rivendica l’indipendenza da anni, ndr] ma poco tempo fa una consultazione elettorale ha messo le basi verso una transizione pacifica della sovranità di quell’area.
C’è qualche possibilità di pace per la Somalia?
La politica dell’Occidente prevede il sostegno al governo somalo di transizione, ma si tratta di un esecutivo davvero molto debole. Il sud del paese e le province nei dintorni di Mogadiscio sono controllati da Al-Shabaab, che non riconosce il governo e vuole imporre la legge islamica. Il mio punto di vista è che piuttosto che ignorarli bisognerebbe trattare con loro, cercare un accordo. È un po’ come l’Afghanistan: si discute se bisogna combatterli o bisogna parlarci. Intanto il paese rimane molto vulnerabile e di fatto è dipendente dalle missioni di pace. Missioni di cui l’Uganda fa parte, ed è per questo che è stato attaccato.