Con chi ce l’hanno i pakistani
Perché, nonostante i continui attacchi dei talebani a danno di civili, i pakistani più che con loro ce l'hanno con gli Stati Uniti
Ieri in Pakistan almeno 65 persone sono state uccise – i feriti sono più di 100 – in un attacco suicida rivendicato dai talebani. La settimana scorsa a Lahore un altro attentato aveva ucciso oltre quaranta persone. In entrambi i casi gli autori dell’attentato sono talebani pakistani, così come pakistane sono le vittime; nel primo caso le vittime erano anziani di una comunità tribale, nel secondo caso erano fedeli musulmani sufi, che i sunniti considerano degli apostati. Nonostante questo, scrive Foreign Policy, la rabbia della popolazione pakistana conseguente a questi attentati si dirige verso gli Stati Uniti e il governo pakistano, piuttosto che verso i terroristi.
“L’America sta uccidendo musulmani in Afghanistan e nelle nostre aree tribali”, ha detto un cittadino pakistano intervistato dopo gli attacchi, “e i talebani stanno facendo questi attentati per manifestare la loro rabbia nei confronti del governo e della sua decisione di appoggiare l’America”
Secondo la rivista statunitense, per capire le ragioni di questo tipo di sentimenti bisogna comprendere il dibattito sulle milizie terroriste in Pakistan. A questo proposito, la buona notizia è che nell’ultimo anno molti cittadini pakistani hanno voltato le spalle ai talebani e al loro integralismo religioso. La cattiva notizia è che gli stessi cittadini pakistani sono diventati ancora più anti-americani.
Il rapporto dei pakistani con l’integralismo religioso dei talebani è passato dalla tacita accettazione alla repulsione. Fino al 2009, la maggior parte dei pakistani non vedeva niente di male con l’intenzione dei talebani di instaurare la legge islamica e rendere la nazione “più pia”, e per questo le operazioni governative contro i talebani nel nordovest dello stato erano largamente impopolari. L’anno scorso, però, un sondaggio ha scoperto che l’ottanta per cento dei pakistani approva la guerra dichiarata dal governo ai talebani.
Oggi l’approvazione dei pakistani nei confronti dei talebani è crollata. I risultati dei sondaggi effettuati in posti complicati come il Pakistan andrebbero presi con le molle, ma la loro evoluzione ci dice qualcosa quanto meno della tendenza con cui le cose sembrano muoversi. Un sondaggio Gallup dello scorso dicembre diceva che solo il cinque per cento dei pakistani pensa che l’attività dei talebani abbia un’influenza positiva sulle proprie vite. Dicevamo però del crescente antiamericanismo.
Dei ventotto paesi esaminati da uno studio della BBC, il Pakistan era uno dei due la cui maggioranza dei cittadini aveva opinioni negative sugli Stati Uniti. Un altro sondaggio Gallup riporta che il 59 per cento dei pakistani, interpellato su quale sia la più grave minaccia per il proprio paese, risponda proprio gli Stati Uniti. Solo l’undici per cento ritiene che siano i talebani.
Secondo Foreign Policy, a un primo sguardo questo disincanto dei pakistani potrebbe sembrare difficilmente comprensibile. In fin dei conti l’amministrazione Obama ha preso diverse decisioni concrete per migliorare la propria percezione nell’area, cambiando registro su molte questioni rispetto a quanto fatto dalle precedenti amministrazioni. Alcuni esempi sono il coinvolgimento dei partiti politici non religiosi nei propri colloqui e lo stanziamento di cifre senza precedenti in programmi di sviluppo e costruzione di infrastrutture in settori importanti come l’energia e le risorse idriche.
Il problema è che queste lodevoli misure sono tutte concentrate sul lungo termine, e non hanno ancora dato alcun risultato. Al contrario, i pakistani sono già adesso vittime dell’altra faccia della presenza statunitense dell’area: la presenza costante di bombardamenti da parte dei droni, le truppe in Afghanistan e in Iraq, le operazioni di spionaggio. Tutte cose che rafforzano la narrativa vecchia ormai decenni per cui gli Stati Uniti sono anti-islamici e ostili al Pakistan. Alcuni sostengono che il problema dell’antiamericanismo della popolazione pakistana ha un’importanza ridotta, finché gli Stati Uniti conservano buoni rapporti con il governo centrale. Secondo Foreign Policy non è così, e anzi la diffidenza dei pakistani nei confronti degli Stati Uniti sarebbe secondo loro l’ultima arma a disposizione dei talebani.
Il problema si pone perché diversi leader politici pakistani non hanno ancora messo in campo dei solidi argomenti contro il terrorismo, ma anzi tentano di ghermire i talebani utilizzando la loro stessa propaganda. Shahbaz Sharif, capo della regione del Punjab, ha detto che i talebani dovrebbero rinunciare al terrorismo perché anche il suo partito “ha rinunciato a farsi dettare legge dagli stranieri”, legittimando così le posizioni talebane e ammettendo una qualche condivisione d’intenti tra il suo partito e i terroristi.
Ci sono due cose che, invece, Pakistan e Stati Uniti dovrebbero fare per tentare di raddrizzare la questione. Piuttosto che permettere ai talebani di dettare l’agenda politica, i politici pakistani dovrebbero promuovere una discussione onesta e vera sull’estremismo e l’integralismo. L’appello del primo ministro pakistano Yousuf Raza Gilani per una conferenza sull’estremismo condivisa tra tutti i partiti sarebbe un buon passo in questa direzione. Gli Stati Uniti, invece, dovrebbero riconsiderare alcuni aspetti della loro battaglia contro il terrorismo, specie dell’utilizzo di società private come la discussa Blackwater, che stanno avendo più costi che benefici.