Un certo silenzio
Il Foglio, 2 aprile 2005
di Filippo Facci
Il Post partecipa allo sciopero deciso dalla Federazione della Stampa e dalla Federazione degli Editori di Giornali per esprimere la propria ostilità al progetto di legge sulle intercettazioni proposto dal Governo, e quindi oggi non aggiorneremo il sito e non seguiremo l’attualità. Avremmo preferito iniziative di protesta più costruttive ed esemplari, ma le proposte in tal senso non sono state accolte e aderiamo quindi alla decisione presa. E offriamo ai lettori, al posto degli aggiornamenti, una scelta libera di articoli pubblicati sulla stampa negli anni passati, per parlare di buon giornalismo e perché uno sciopero non sia solo un’assenza.
Carlo Fontana visse d’arte e giunse alla sovrintendenza della Scala da candidato ideale: craxiano, ultimo di una famiglia di vecchi riformisti, un nonno nella Resistenza lombarda, un padre tra i migliori amici dell’ultimo Podestà, insomma un milanese che parlava in un certo modo e vestiva in un certo modo. Il sindaco, Paolo Pillitteri, gli fece un discorso chiaro: Carlo, devi aumentare il numero di recite perché il trenta per cento delle richieste rimane inevaso, e non va bene. Fontana non chiedeva di meglio: programmazioni del genere dei teatri europei che macinano serate senza contributi statali, i teatri che permettono a una persona normale, per dire, di andare a un concerto dopo che semplicemente ne ha letto sul giornale, come per un cinema, senza che biglietti debba averglieli procurati il cugino di un assessore. Era il 1990, e la seconda cosa che il sindaco disse al sovrintendente fu quest’altra: Carlo, devi portare alla Scala tanti direttori importanti. (segue)