Schiavo in Puglia
L'Espresso, 1 settembre 2006
di Fabrizio Gatti
Il Post partecipa allo sciopero deciso dalla Federazione della Stampa e dalla Federazione degli Editori di Giornali per esprimere la propria ostilità al progetto di legge sulle intercettazioni proposto dal Governo, e quindi oggi non aggiorneremo il sito e non seguiremo l’attualità. Avremmo preferito iniziative di protesta più costruttive ed esemplari, ma le proposte in tal senso non sono state accolte e aderiamo quindi alla decisione presa. E offriamo ai lettori, al posto degli aggiornamenti, una scelta libera di articoli pubblicati sulla stampa negli anni passati, per parlare di buon giornalismo e perché uno sciopero non sia solo un’assenza.
Il padrone ha la camicia bianca, i pantaloni neri e le scarpe impolverate. È pugliese, ma parla pochissimo italiano. Per farsi capire chiede aiuto al suo guardaspalle, un maghrebino che gli garantisce l’ordine e la sicurezza nei campi. “Senti un po’ cosa vuole questo: se cerca lavoro, digli che oggi siamo a posto”, lo avverte in dialetto e se ne va su un fuoristrada. Il maghrebino parla un ottimo italiano. Non ha gradi sulla maglietta sudata. Ma si sente subito che lui qui è il caporale: “Sei rumeno?”. Un mezzo sorriso lo convince. “Ti posso prendere, ma domani”, promette, “ce l’hai un’amica?”. “Un’amica?”. “Mi devi portare una tua amica. Per il padrone. Se gliela porti, lui ti fa lavorare subito. Basta una ragazza qualunque”. Il caporale indica una ventenne e il suo compagno, indaffarati alla cremagliera di un grosso trattore per la raccolta meccanizzata dei pomodori: “Quei due sono rumeni come te. Lei col padrone c’è stata”. “Ma io sono solo”. “Allora niente lavoro”. (segue)