Jimi, Caravaggio con la chitarra
Il Foglio, 16 settembre 2006
di Alessandro Schwed
Il Post partecipa allo sciopero deciso dalla Federazione della Stampa e dalla Federazione degli Editori di Giornali per esprimere la propria ostilità al progetto di legge sulle intercettazioni proposto dal Governo, e quindi oggi non aggiorneremo il sito e non seguiremo l’attualità. Avremmo preferito iniziative di protesta più costruttive ed esemplari, ma le proposte in tal senso non sono state accolte e aderiamo quindi alla decisione presa. E offriamo ai lettori, al posto degli aggiornamenti, una scelta libera di articoli pubblicati sulla stampa negli anni passati, per parlare di buon giornalismo e perché uno sciopero non sia solo un’assenza.
Quando mi morì Jimi Hendrix ero a novantuno giorni da diciannove anni. Stavo al mondo coi capelli più che lunghi, i pantaloni più che rotti e l’aria più che fiera. Penso che fosse mattina, ero nel bagno con le piastrelle gialle dei miei genitori, avevo fatto la doccia e stavo ascoltando la radio. Poteva succedere che durante la giornata, tra i programmi per i gentili ascoltatori e gli avvallamenti melodici delle canzoni italiane, frangenti asfittici in cui dovevo ascoltare “lei mi darà un bambino”, venisse su una chitarra rabbiosa – segnali di esistenza. Perciò, niente di insolito che il diciotto settembre millenovecentosettanta stessi ascoltando la radio. (segue)