Ridammi le mie spie
Washington e Mosca stanno trattando per uno scambio di spie, non succedeva dai tempi della guerra fredda
La storia delle spie russe arrestate negli Stati Uniti sta assumendo sempre di più le sfumature di una spy story da guerra fredda. Nella puntata delle ultime 24 ore Washington e Mosca trattano per uno scambio: noi vi ridiamo le dieci spie che abbiamo arrestato a giugno, voi ci ridate le nostre. Il Washington Post scrive che l’accordo non sarà imminente, ma che intanto i giudici americani hanno accettato di sospendere gli interrogatori ai dieci cittadini russi arrestati con l’accusa di aver agito come spie sotto copertura su suolo americano.
Una delle persone che potrebbero essere coinvolte nello scambio è Igor V. Sutyagin, uno scienziato che nel 2004 fu condannato a quindici anni di lavori forzati con l’accusa di spionaggio per conto della C.I.A. Sutyagin all’epoca lavorava come ricercatore per un’azienda inglese, Alternative Future, ma secondo le autorità russe l’azienda in realtà era una copertura usata dalla C.I.A per ottenere informazioni strategiche sulla Russia. Sutyagin fu accusato di avere passato informazioni sui sottomarini nucleari e sui sistemi di controllo dei missili russi.
Dal momento della condanna Sutyagin ha vissuto rinchiuso in un campo di prigionia a Kholmogory, non lontano dal circolo polare artico. Ieri però è stato trasferito a Mosca e secondo il Washington Post le autorità russe gli avrebbero fatto firmare un documento in cui si dichiara colpevole di spionaggio: in questo modo potrà essere usato nella trattativa di recupero delle spie russe. Finora Sutyagin aveva sempre negato qualsiasi accusa di colpevolezza, sostenendo che si era limitato a svolgere il suo lavoro di ricercatore e scienziato e che non sapeva niente di chi si nascondeva dietro la Alternative Future. Il suo caso aveva avuto una grande risonanza nella stampa internazionale ed era stato criticato dalla maggior parte delle organizzazioni per i diritti umani che accusavano la Russia di volere ripristinare i metodi del KGB. Il Cremlino ha sempre respinto le accuse.
Se davvero si dovesse verificare si tratterebbe del primo scambio di spie tra Stati Uniti e Russia dai tempi della guerra fredda. “Stiamo tornando indietro nel tempo”, ha detto Yuri Ryzov, ex ambasciatore russo ora a capo della commissione che difende scienziati e ricercatori accusati di tradimento, “siamo di nuovo negli anni settanta”. Lo scambio aiuterebbe Washington e Mosca a lasciarsi alle spalle la questione, in un momento in cui Obama e Medvedev stanno facendo grandi sforzi per migliorare i rapporti tra i due paesi: Medvedev era appena partito dagli Stati Uniti dopo una visita diplomatica quando le spie russe furono arrestate. Il Washington Post scrive che lo scambio consentirebbe anche agli Stati Uniti di evitare un processo potenzialmente molto difficile e li risparmierebbe dal dover rivelare le tecniche di controspionaggio usate per arrestare le spie.
I dieci russi arrestati dall’FBI erano state inviati negli Stati Uniti negli anni ‘90 dall’SVR — il servizio segreto discendente del KGB — con la missione di “entrare nei circoli politici” americani e riportare segreti scottanti al governo russo. Segreti che, però, sembra non siano mai riusciti a scoprire. L’accusa contro di loro è infatti quella di aver agito come spie sotto copertura su suolo americano, ma non quella di spionaggio. Perché, nei fatti, nei dieci e più anni della loro permanenza negli Stati Uniti, non sarebbero mai riusciti a inviare al quartier generale alcuna informazione riservata degna di nota: al momento risulta solo che abbiano avvicinato un finanziatore dei Democratici vicino alla famiglia Clinton senza ottenerne granché. Nove di loro, inoltre, sono accusati di riciclaggio di denaro, ricevuto regolarmente dal governo russo per portare avanti le loro vite fittizie. C’è anche un’undicesima spia arrestata, ma non è di nazionalità russa e ancora non è chiaro se verrà inserita nello scambio.
Igor V. Sutyagin ha raccontato a sua madre che quando gli hanno detto che l’avrebbero trasferito a Mosca non ci poteva credere. Stava lavorando come al solito nel campo di Kholmogory, quando un ufficiale è venuto a dirgli di preparare le sue cose perché sarebbe partito di lì a poco. Non gli è stato detto dove l’avrebbero portato, lo hanno fatto salire su un aereo e si è ritrovato nella prigione di Lefortovo, a Mosca. Solo lì gli hanno detto che cos’era successo e quali erano i termini dell’accordo. “Non ha potuto non firmare”, ha detto la madre. Ora dovrebbe essere trasferito a Vienna e da lì in Inghilterra. Gli consentiranno di mantenere il suo passaporto russo – una novità rispetto alle pratiche usate con i dissidenti durante la guerra fredda – anche se il suo avvocato dubita fortemente che gli consentiranno mai di rientrare.