Il partito leggero
L'illusione di una caduta di Berlusconi eccita una parte della sinistra: ma se succedesse, il PD non c'è
A un certo punto, l’anno scorso, una parte della sinistra, dei giornali di sinistra, dei partiti di sinistra, dei militanti di sinistra, ha pensato che i disastri della maggioranza l’avrebbero logorata e avrebbero deluso i suoi elettori al punto di non farle finire la legislatura. E ha pensato che la cosa migliore da fare fosse favorire questo processo: i giornali hanno lavorato sugli scandali e sui fallimenti politici, i partiti si sono barcamenati tra giorni di vivaci accuse e giorni sulla sponda in attesa di vedere passare il cadavere del nemico, i militanti si sono dati una speranza che non li consegnasse ad altri quattro anni di rassegnazione. Ogni progetto politico di alternativa è stato congelato per impegnare tutte le forze a favorire la corrente: Berlusconi era evidentemente in difficoltà.
E dopo un anno sotto il fuoco nemico e amico, Berlusconi ha vinto le elezioni regionali.
A quella parte di sinistra la botta non ha insegnato molto. Nel giro di pochi giorni tutti gli sforzi e gli impegni si sono di nuovo dedicati all’auspicio e al suggerimento di un crollo della maggioranza per propria inadeguatezza. La maggioranza ha ricominciato a metterci del suo, offrendo addirittura una tensione quotidiana al suo interno, offrendo ministri trafficoni costretti alle dimissioni e ministri costretti alle dimissioni prima ancora di poter diventare trafficoni: traffichini. Offrendo inettitudini nelle grandi e nelle piccole cose. La maggioranza dimostra grande efficienza solo nell’estensione del proprio potere e nell’affondamento di ogni istituzione su cui abbia il controllo, dalla scuola, alla Rai, all’identità nazionale, alla corretta amministrazione della giustizia.
In nessun paese dell’Occidente democratico si è mai governato così male.
Ma in nessun paese dell’Occidente democratico si è mai potuto governare in totale assenza di un’alternativa credibile. Ci sono stati momenti in cui il governo Blair in Gran Bretagna o quello Aznar in Spagna hanno avuto di fronte partiti di opposizione in grave crisi, quasi inesistenti: ma li avevano schiacciati loro, in forza di un programma credibile e strutturato. Persino negli Stati Uniti i Democratici se la sono vista molto brutta in certi momenti dell’amministrazione Bush: ma quello era un progetto – discutibilissimo – di grande forza e articolazione.
In Italia no. Provate a immaginare che il wishful thinking di quella parte della sinistra si concretizzi domani, e che cada il governo Berlusconi per una qualunque delle mille ragioni che lo farebbe cadere in un paese normale in cui la maggioranza non sia invece tenuta insieme solidamente dal timore dei singoli di perdere potere. Provateci, chiudete gli occhi. Domani c’è una crisi di governo. Riapriteli.
Dov’è l’alternativa?
Dov’è il più grande partito di opposizione? Se ne sono perse le tracce. Non si sa cosa stia facendo. Quale progetto sta comunicando agli italiani per candidarsi a sostituire la maggioranza di centrodestra, quale credibilità? Cosa avrebbe oggi di più di quello che aveva in termini di entusiasmo, proposta, forza comunicativa, argomenti – spesso fragili, certo: ma esisteva – il Partito Democratico che pure perse le elezioni di due anni fa con ampio margine?
La domanda è: dov’è il Partito Democratico in queste settimane? Nelle poche occasioni in cui i suoi leader si manifestano suonano rumore di fondo: ieri addirittura il segretario ha detto la cosa più coraggiosa che gli sia venuta in mente rispetto a possibili futuri prossimi e iniziative forti.
Se la maggioranza non ce la fa bisogna pensare a qualche altra ipotesi
Cioè, non ha candidato il suo partito a governare l’Italia, non ha detto “siamo i soli in grado di offrire un’alternativa”, non ha scandito i punti di un progetto e una visione diversa per questi tempi grami. Ha detto che se la maggioranza non ce la fa bisogna pensare a qualche altra ipotesi.
Pensateci: cosa succede se cade Berlusconi? Pensate che la sinistra sarà rianimata da Nichi Vendola, o da Matteo Renzi? Può darsi: a volte nella storia è bastato un leader, contrariamente a quanto sostiene la vulgata sui programmi bla bla bla. Forse però l’opposizione dovrebbe cominciare a pensarci, a qualche altra ipotesi per se stessa.